L’atomo impazzito fuori dalla porta

L’Italia ha rinunciato al nucleare. Il proprio. Come la mettiamo con quello degli altri, alle porte della nostra nazione?

Questa mappa ci mostra che i francesi giocano con gli atomi appena oltre il confine. Questo non  sarebbe grave se tutto fosse sufficientemente controllato. Sono assolutamente a favore delle fonti rinnovabili, ma sono anche sufficientemente realista per capire che dobbiamo studiare fonti di energia in grado di sostenere i prossimi dieci miliardi della popolazione. Hollande è la persona giusta a promuovere gli studi? Il presidente francese, a seguito delle promesse fatte in campagna elettorale, non è chiaro nei suoi programmi attuali.

Le centrali d’oltralpe sono vecchiotte e non sono i soggetti di studio ideali, ma sono soprattutto insicure, come il recente blitz di Greenpeace ha dimostrato. Prima ancora ci era atterrato un temerario col paracadute.

Se dovesse capitare il pazzo squinternato che ci prova con una cintura di tritolo in vita?

Il Colosseo Quadrato diventa di moda

Il Colosseo quadrato, alias il Palazzo della Civiltà Italiana all’EUR, ha finalmente trovato una destinazione che richiamerà attenzione e produrrà perfino reddito per i prossimi 15 anni.

Non si può non apprezzare il fatto che una struttura inagibile che è un esempio eccellente di architettura razionalista smetta di essere transennata e riprenda vita, tanto più se collegata a un grande marchio della moda che crei un ponte tra gli stili. Ancora di più si apprezza che non si sono verificate nuove colate di cemento, ma si è semplicemente scelto di valorizzare l’esistente.

Senza pensare anche alla grande opportunità di produrre reddito, sarebbe bello che l’esempio fosse seguito altrove in Italia. Se gli enti proprietari non sono in grado di mantenere un edificio (ma vale anche per le opere d’arte) e se qualcuno è interessato a non abbatterlo ma anzi a conservarlo, è logicamente corretto che questo sia affidato ai privati in gestione.

La carrozzina con le montagne intorno

Per la prima volta nella storia del turismo, un paese alpino mette ufficialmente in rete un network di sentieri su scala nazionale e destinato espressamente al pubblico con difficoltà motorie.

Intendiamoci, la novità non è il sentiero per gli handicappati o la pagina web della descrizione del percorso. In Italia esistono tracciati segnalati su parks.it , come ne esistono nelle singole regioni e in certi comprensori turistici. La novità è che un intero stato si è mobilitato e ha messo un sigillo su scala nazionale definendo i percorsi, la segnaletica e, soprattutto, creando le condizioni per arrivarci anche con i mezzi pubblici.

Il paese è la Svizzera. A questo punto si possono pensare due cose: 1- facile, è un piccolo paese ed è ricco, 2- erano già in vantaggio per la rete sentieristica integrata con mezzi pubblici.

Punto 1. Sì, è facile. La Svizzera sarà anche piccola ma è un groviglio di valli e montagne, e comunque è facile perché gli svizzeri sono ben organizzati, hanno senso civico e si muovono nelle loro parti in modo coordinato. Ricordo che, sembrerà una sciocchezza, in certe regioni italiane chi organizza le linee bus nelle valli non tiene conto di dove iniziano i sentieri e le fermate sono distribuite come fagioli in un barattolo, cioè a caso.

Punto 2. Certo che sono in vantaggio, ma non perché un giorno si è spalancato il cielo e una colomba bianca ha illuminato il paese del groviera e cioccolato. Sono partiti prima e hanno costruito un “sistema”. Cos’è un sistema? Cito Wikipedia: “il sistema, nel suo significato più generico, è un insieme di elementi interconnessi tra di loro o con l’ambiente esterno tramite reciproche relazioni, ma che si comporta come un tutt’uno, secondo proprie regole generali”.

Ora un semplice esercizio prima di lucidare la carrozzina e mettersi lo zaino: sottolineare le parole della definizione wikipediana estranee alla rete italiana. Resta ben poco di diverso se non affrettarsi a mettere un biglietto svizzero in tasca.

Un’ultima nota: non sottovalutiamo questi sentieri. Sono sì stati pensati per individui con difficoltà motorie, ma non disdegniamoli anche per i passeggini, per avvicinare i più piccoli o per gli allergici alla troppa fatica alla montagna.

Questo articolo è stato pubblicato anche sull’Huffington Post.

L’orango che è in tutti noi

Un vicepresidente del Senato bolla un ministro “orango”. L’onorevole sarà ben informato che la differenza nel DNA tra un uomo (perfino se presidente di Senato o ministro) e un primate come uno scimpanzè è minore del 2% e i gorilla sono, nel loro genoma, molto più vicini di quanto non si creda all’homo sapiens sapiens.

Immagino che il vicepresidente sia anche al corrente che perfino il maiale non è distantissimo da noi in quanto a cromosomi. Nelle prime giornate di esistenza del feto, uomo e maiale sono anzi praticamente indistinguibili. A volte anche dopo la nascita, vien da pensare a leggere certe dichiarazioni.
Consiglio non a caso la lettura di “Uomini per caso”, buon compendio di come selezione ed evoluzione hanno agito sugli ominidi. Non su tutti a dire il vero. Dopo le 288 scorrevolissime pagine, le idee saranno più chiare dal punto di vista scientifico. Il testo é invece completamente inutile per argomenti come educazione, cortesia e rispetto, per i quali si rimanda direttamente alla cronaca di questi giorni.
Questo pezzo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Precisazione scientifica a seguito dei commenti apparsi sul blog dell’HP:
… non è la composizione percentuale di basi azotate ma piuttosto il grado di uguaglianza delle sequenze che codificano per le proteine che ci compongono, che regolano l’accrescimento e la differenziazione dei tessuti etc. Siamo veramente molto simili alle scimmie.
Vuole semplicemente dire che il 98% della sequenza del nostro DNA si sovrappone a quella di una scimmia. In quel piccolo 2% sta tutta la differenza. Non stupisce se si pensa che solo meno del 5% del nostro DNA codifica per delle proteine, il che non vuol dire come lei sostiene che il restante DNA sia inutile… (Vincenzo La Manna)

Migliora la vita in 5 piante

Vale per l’ufficio ma anche per la casa o altri ambienti. Il tipo di pianta dipende dalle dimensioni dei locali, ma anche un piccolo spazio di verde abbellisce, migliora l’umore e la qualità dell’aria. Altri vantaggi da subito evidenti sono l’alleggerimento dello stress (il verde rilassa) e il miglioramento della produttività (il verde migliora la concentrazione). Il verde insomma aiuta a stare meglio e, diciamocelo, trasmette da subito anche un certa immagine di noi.

Quali sono le piante più adatte? Gli esperti suggeriscono Falangio, Melissa, Filodendro, Spatifillo ed Epiprenum. Quest’ultima è consigliata anche dalla NASA per le enormi capacitá depurative dell’aria. Se va bene lassù tra le stelle, immaginiamo qui.

piante ufficio 5

Vivi e ama: l’inno alla vita bagnato da una pugnalata

“Non perdere mai la curiosità per le cose belle della vita. Continua a farti stupire dalle escursioni nei boschi, nei canyon, in montagna, vai lungo i fiumi e fatti incantare dalla natura selvaggia. Esci dalla routine cittadina se puoi. Circondati di buoni amici che ti possano essere d’aiuto nei momenti di difficoltà. Innamorati. Fatti spezzare il cuore. E poi innamorati ancora. Respira ogni giorno la vita come se fosse la prima volta. Cerca qualcosa da amare e non smettere di farlo finché non trovi qualcos’altro per cui valga la pena vivere.

Non incolpare gli altri per i loro errori. Ti rende più debole. Sei un uomo forte. Non ti fermare ad ascoltare chi ti critica negativamente. Parla con convinzione e credi in te stesso perché il tuo modo di essere è più importante di come ti hanno educato. Avrei voluto congratularmi personalmente con te ma so che questo non avrebbe cambiato molto.
Cerca di non dimenticarmi”.
Purtroppo non basterà l’email, questa volta, per rispondere a questo messaggio. Serviranno il cuore per sentire e la testa per ricordare, perché Andrew Pochter, l’autore delle parole qui sopra, è stato accoltellato. Aveva 21 anni e il messaggio era stato spedito a uno dei ragazzi per cui svolgeva attività di tutor. Aveva lasciato gli Usa per andare ad insegnare inglese ai bambini in Egitto.

Un altro tesoro nell’abbazia

Se vi trovaste dalle parti della Liguria del Tigullio, fate un salto all’abbazia di San Fruttuoso. Se non ci siete mai stati sappiate che ci si arriva solo a piedi da Camogli o Portofino (2 ore, difficoltá elementare) o in barca e il posto é fantasmagorico. Se invece ci siete giá stati tenete presente che, se servisse un motivo in più per tornarci, c’é una mostra da vedere su come l’uomo ha interpretato i gioielli della natura (fino al 13 ottobre).
Lí ci sono le tombe dei Doria e godersele al tramonto, appena prima di imbarcarsi sull’ultimo battello, é un’esperienza che le parole faticano a esprimere. Come farei, del resto, a raccontare il battito d’ala d’un gabbiano nel silenzio?

Pompei, l’eruzione inutile

Un destino controverso quello del sito archeologico alle falde del Vesuvio. La mostra Vita e morte a Pompei ed Ercolano sta letteralmente sbancando al British Museum classificandosi il terzo evento più visitato di sempre dopo Tutankamon e i guerrieri cinesi. Merito del marketing della struttura museale ma soprattutto del brand “Pompei” che è sempre in grado di richiamare l’attenzione del pubblico. Ne sanno qualcosa anche alla BBC, dove non hanno esitato a produrre un documentario di un’ora sull’ultimo giorno di una delle città più fiorenti della civiltà romana.

Per contro, quello che è il principale sito archeologico italiano e tra i più importanti al mondo non cessa di essere minacciato dal degrado degli agenti atmosferici, dalla carenza di personale e dell’abusivismo edilizio. Pur in tempi di spending review, sembra che ci stiamo dimenticando della responsabilità di una città fantasma consegnata a noi intatta dalla disastrosa eruzione del 79 d.C. Con le cose che vanno avanti così è un po’ come se la catastrofe fosse successa inutilmente.

Il campanello d’allarme lo ha fatto squillare, non fossero bastati crolli e incuria, l’UNESCO. Al governo italiano è stato imposto un ultimatum: entro il 31 dicembre ha tempo per adottare le misure idonee relative alla situazione di Pompei. Poi la commissione ne trarrà le conseguenze.

Non posso non pensare a una equazione mancata: sbanchiamo a Londra e in Italia non riusciamo a strutturare in modo efficiente una realtà che, analogamente ad altri musei del mondo, potrebbe quasi mantenersi da sola. Biglietti di ingresso, merchandising, bookshop, mostre itineranti potrebbero generare un flusso di risorse in grado di tamponare la situazione. Intendiamoci: nessuno pretende di mantenere realtà complesse come quella di Pompei o della vicina Ercolano vendendo libri, tazze e magliette. Un management qualificato, però, potrebbe iniziare a convincere l’UNESCO e, chissà, diventare un progetto pilota per la cultura italiana.

La ragazza che ha incontrato lo squalo

La naturalista Julie Anderson riesce a danzare con gli squali.

Julie fa capo a un gruppo di conservazionisti che ha fatto della protezione degli squali la propria bandiera, tanto da chiamarsi Sharks’ Angels.

Perché proteggere un animale ritenuto nell’immaginario comune tanto crudele? Premesso che al mondo muoiono più persone per punture di vespa che non per attacchi di squalo, questo pesce tanto antico quanto perfetto nella sua tecnica di navigazione è un elemento cardine della catena alimentare. Senza di lui, il mare si ammalerebbe.

Lo scopo degli angeli degli squali è dunque la sensibilizzazione del rischio estinzione del predatore dei mari, che nel Mediterraneo si è ormai ridotto del 97%. Per chi non lo sapesse, tra le cause del massacro degli squali c’è anche la raccolta della pinne dell’animale, ingrediente per una zuppa.

Quel che non si dice a chi ordina la pietanza, è che, strappata la parte del malcapitato essere, lo stesso viene buttato in mare abbandonato al destino di morire dissanguato.

Il giorno in cui sono morto un po’

All’anagrafe faccio “stefano” e uno stretto nugolo di amici mi chiama “orso” un po’ per il carattere e un po’ per un piccolo tatuaggio sul braccio, quindi se leggo un titolo di giornale tipo “hanno ucciso l’orso Stefano” mi sento chiamato in causa. Parecchio.

Stefano, quello ucciso, era un orso bruno marsicano. Lo hanno aspettato e fatto secco con tre colpi mentre probabilmente si sentiva al sicuro e libero di scorrazzare nell’area protetta del Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio, Molise. La scena è stata più simile a una sadica esecuzione. Il primo colpo al femore per fermarlo. Il secondo caricato a pallettoni per farlo soffrire. Il terzo, letale, alla testa.

Così, di questi tempi, neppure l’altro stefano, quello vivo che sta scrivendo, si sente tanto sicuro, cosciente che l’unica differenza con lo Stefano impallinato é il potersi difendere, con le mani, con le parole, se serve anche con le armi. Con la legge no, purtroppo, perché quella avrebbe dovuto proteggere entrambi. Tutto era dunque precluso all’altro Stefano, perfino l’istinto naturale, ancora più indifeso anche perché la sua natura non gli faceva più temere l’uomo.
Questo rende il gesto ancora più grave. Un segnale che la guardia non dovrebbe mai essere abbassata perché l’uomo é un gran bastardo quando ci si mette. E questa cosa, sarò all’antica, uccide ogni giorno un po’ anche lo stefano rimasto vivo.
Intanto la Lav, Lega Anti Vivisezione, ha messo una taglia: chi fornirà notizie attendibili per incastrare gli esecutori, riceverà una ricompensa. Riusciremo davvero a dare un valore a tutto?