Il ciclone che si è abbattuto in Sardegna, i nubifragi in Abruzzo e Calabria, le catastrofi spesso dovute ai dissesti provocati dall’uomo, continuano a totalizzare vittime e danni ma le istituzioni snobbano quasi completamente la possibilità di utilizzare i social per lanciare gli allarmi. Nessuna pretesa di eliminare il danno, ma se una twittata avesse anche solo il potere di salvare una vita, come altrove è successo, perché non usarla?
Sappiamo che certe aree sono davvero messe male per una pianificazione dissennata e interventi casuali e azzardati, ma non è ora di usare i dati già esistenti sulle aree a rischio per sensibilizzare la popolazione locale avvisando attraverso il telefonino (ognuno di noi ne ha uno in tasca) che qualcosa di grave sta per succedere?
Il problema non è solo sardo, abruzzese o calabrese. Il resto dell’Italia non è messo meglio. Nel vuoto brillano le regioni e i comuni. Non parliamo di risorse ingenti per costituire l’ennesimo carrozzone nel deserto, basterebbe solo un volenteroso come non ne mancano per mettersi a raccogliere gli allarmi meteo e diffonderli con i tweet. Non sembra davvero difficile.