Dimagrire (quasi) senza fatica

Perdere grasso, ripensare il proprio peso e dimagrire potrebbe essere più facile di quanto si creda. Raffaele Morelli è medico, psichiatra e psicoterapeuta.



Nel suo libro Pensa magro (Mondadori) suggerisce ai lettori un nuovo stile di vita che può portare senza troppi sforzi di fatica anche ad una perdita di peso. Il cardine del suo pensiero è il presupposto che perdere peso sia innanzitutto una questione di testa. Pensare magro vuol dire “mai rimandare”.



Le Regole

1. Azzerare la mente

Chi ingrassa è troppo duro con se stesso. Quando la vitalità si esprime attraverso una fame inestinguibile, non bisogna punirla con la dieta ma provare ad offrirle altri spazi. 

2. Perseguire la mascolinità o la femminilità, non la perfezione 

Vuoi dimagrire? non dirlo a nessuno. Chi si accetta così come è e smette di criticarsi torna spontaneamente in linea. Si è sulla strada giusta quando si comincia a giudicarsi sempre meno.

3. Distrarsi dai propri pensieri

Spesso si ingrassa perché si è smesso di gioire. I chili si accumulano perché gli obblighi della vita bloccano la nostra creatività.

4. Stare nel presente

Chi è dominato dai ricordi e dai progetti si trova sempre fuori tempo e si abbuffa senza accorgersene. Più il cervello resta ancorato al passato più si ingorga, si chiude in se stesso e si intossica.

5. Cercare la bellezza in tutto il corpo

Il vero bruciagrassi è la nostra immagine. Cambiare look attiva nel cervello una nuova immagine di sé. Per dimagrire bisogna tornare ad innamorarsi, provare piacere, vivere.

6. Frequentare le persone giuste

Intolleranze e sovrappeso dipendono moltissimo dall’atmosfera che ingeriamo, indissolubilmente legata alle persone che si siedono a tavola con noi.

7. Pensare single

Chi ingrassa dice troppi Sì, invece bisogna imparare a dire di no. Certi rapporti sono indigesti. Litigare, difendere le proprie ragioni, tenersi il muso, ci fa provare nella coppia un sapore di individualità che si credeva ormai perduto: stimola il metabolismo a tornare magri.

8. Usare vocaboli che aiutano a dimagrire

Mai compiangersi, si rischia solo di creare un sentimento di sfiducia e inadeguatezza. Le parole che pesano sulla bilancia sono quelle che non rivelano i sentimenti e le emozioni. Meglio sfogarsi a parole che col cibo.

9. Dare uno stimolo alla vita

Fantasticare è un grande antidoto all’ingrassamento. Più si fantastica e meno si ha fame. Cerca uno spazio tutto tuo in cui rifugiarti. Troppo spesso assorbiamo i problemi altrui. Proviamo ad essere meno disponibili: un po’ di sano egoismo risveglia il cervello e il metabolismo. Fare cose che piacciono aiuta. I piacere inibisce il senso di fame, come anche innamorarsi.

10. Fare cose nuove

Spirito d’avventura e passioni sono indispensabili. Basta togliersi dalla testa l’idea che la nostra vita sia solo questa, senza alternative. La verità è che quando siamo animati da una novità proviamo disinteresse per il cibo.

L’altRa velocità , zero TAV, solo boschi e libri

Sono un consumatore incallito di TAV. Ho fatto talmente tante volte la Milano-Roma-Milano che credo Moretti potrebbe intestarmi un chilometro, un vagone o un viadotto, lascio a lui la scelta. Vorrei però condividere un inno ai treni locali. Con due quadretti che non hanno niente a che vedere con i 300 all’ora del Frecciarossa, nell’era del digitale sono semmai pellicole in bianco e nero dell’altRa velocità.


Regionale 2039 Milano-Pisa, via Fiorenzuola-Aulla
Nel mezzo dell’Appennino il treno si ferma e l’altoparlante annuncia che “come previsto dall’orario” il convoglio rimane fermo 15 minuti. Sono piú o meno le sette e in quel di Berceto tutte le porte si aprono come per sostituire l’aria stantia della Val Padana con il profumo delle valli. I cinguettii annunciano la sera. La stazione è come se fosse sospesa tra le due estremità del binario, punti di fuga lontanissimi dalla fretta di arrivare. Trascorsi i minuti, l’ometto in divisa fischia, i drogati del fumo risalgono, il matto che fotografa i binari (e che ora leggete) pure, quelli andati al bar ritornano. Quando tutti sono di nuovo a bordo si riparte, ma non prima che, come un babbo coi suoi ragazzi o un maestro cogli alunni indisciplinati, il capotreno si sia accertato che tutti siano risaliti. Sporgendosi su entrambi i binari, il ferroviere rifischia e le fronde degli alberi tra i muri in pietra ricominciano a scorrere sui finestrini.


Regionale 11075 Firenze-La Spezia
Altro treno, altro giro, altro regalo. Una di quelle carrozze su e giù che, se hai fatto il pendolare negli anni ’70 ’80 e ’90, le tue gambe ricordano perfettamente. Trent’anni, cambiano i colori ma rimane la sostanza. Sedile rigido da fachiro, in quattro per fila, zero bracciolo, poco spazio per allungare le gambe. Mi capita di essere sulla parte alta dell’ultimo vagone. Siamo in dieci e in dieci stiamo leggendo un libro. Non lo stesso. Il mio credo sia il piú datato, Le braci di Sandór Marái, una storia struggente scritta come vorresti scrivere, me lo ha consigliato Morgan Palmas, Sulromanzo.it. Incredibile che nessuna zabetta ferroviaria infligga i c…. propri al resto del vagone. Altrettanto incredibile che nessun manager da Tav faccia del suo peggio per mostrare di avere un iCoso piú grande di tutti gli altri.

Sì, è l’altRa velocità, si muove in tempi che il Frecciarossa ci girerebbe la penisola intera, ma come non amarla?
Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Soluzione per i matti che corrono in città

In città certi piloti vorresti non vederli. Quante volte abbiamo sognato di prendere uno di quei Tazi Nuvolari che in macchina o in moto scambiano le strade urbane per autodromi e spiegargli che, se proprio vuoi correre, esistono le piste? Naturalmente li senti arrivare da lontano, perché loro le marmitte non si sono mai spiegati bene a cosa servono e, nel dubbio, hanno comunque deciso che sono solo delle appendici cromate per far brillare la carrozzeria. Beh, grazie al bricolage e alla fantasia, questo filmato leva qualche soddisfazione. Purtroppo è solo un effetto speciale.

Earth Day, supereroi alla festa della Terra

Supereroi cercasi! Non sfogliate i Comics. Oggi si celebra la Giornata Mondiale della Terra. Indetta dall’ONU, si propone di sensibilizzare i cittadini del pianeta sul tema dell’ambiente. Ogni paese che vi aderisce, declinerà la ricorrenza attraverso migliaia di eventi. Nel nostro paese,
Earth Day Italia organizza momenti di incontro in giro per la penisola.

Dal 22 al 29 aprile al Maxxi di Roma c’è “Cambiamo Clima!”, una mostra fotografica con cui si raccontano al grande pubblico gli Eroi della Terra. I protagonisti sono supereroi ma non sono usciti dai Comic Book. C’è la storia del guardiano delle più grande discarica campana che respira piano per non morire asfissiato, quella dei netturbini siciliani che ritirano i rifiuti tra le case a dorso di mulo, la testimonianza della famiglia i cui genitori hanno deciso di vivere in un bosco tra Veneto e Trentino, i ricordi del guardaparco dell’oasi di San Massimo, dove 200 ettari di foresta sono curati senza usare prodotti chimici. Nel riportare la notizia, Repubblica accompagna con un bel commento di Carlo Petrini, Patron di Slow Food. Chi sono i supereroi della Terra nel 2014?

Sono quelli che crescono il cibo e fanno sì che la terra l’aria e l’acqua, le risorse che servono a fornircelo, non si compromettano mentre vengono impiegate. Sono i custodi di un pezzo di mondo con il loro piccolo orto, la loro piccola azienda agricola, i terreni sui quali seminano e generano il cibo per la loro famiglia o per un’economia locale che non chiede che si distrugga per produrre, ma pretende che si conservi la porzione di terra su cui si vive, grazie a cui ci si nutre. Sono tanti per il mondo. Ho il privilegio di conoscerne molti, grazie alla rete internazionale di Slow Food e di Terra Madre e so che molti altri ancora ce ne sono. E credo siano in aumento. 

A Roma, il 21 aprile si è tenuta la Maratona a Km Zero nella Riserva Naturale del Parco dell’Aniene, per promuovere la fruizione dei Parchi Urbani e dei Prodotti a Km Zero nell’Anno Internazionale dell’Agricoltura Familiare. È stata l’occasione per ricordare ville, giardini, parchi urbani, aiuole, un patrimonio di cui spesso non ci rendiamo conto. Non è solo una una questione estetica, ma di salute. Sapevate che in Italia il verde urbano contribuisce ad assorbire 12 milioni di tonnellate di CO2, pari al 3% del totale delle emissioni nocive della penisola?

Per la 44esima edizione della manifestazione, l’ONG ambientalista Green Cross, insieme ad Earth Day Italia, hanno deciso inoltre di pubblicare un decalogo che spieghi come fare a ridurre i nostri rifiuti. Secondo un rapporto Ispra, infatti, nel nostro Paese si contano annualmente 31,4 milioni di tonnellate di rifiuti urbani: molti sono smaltiti in modo scorretto, spesso abbandonati sul ciglio delle strade o “nascosti” nelle zone verdi.

I consigli di Earth Day sono conosciuti ai più, ma servono comunque per avvicinare le molte persone che ancora non hanno sviluppato una sensibilità sul tema.


1. Evita i prodotti usa e getta. Un esempio: le pile ricaricabili si possono riusare centinaia di volte, facendo risparmiare a te denaro e all’ambiente pericolose sostanze;

2. internet permette di inviare e ricevere documenti ed evitare di stamparli: si salvano alberi e si limita l’inquinamento causato dai trasporti;

3. comprando prodotti sfusi e alla spina al supermercato si limitano imballaggi di carta, cartone, plastica, polistirolo;

4. dimentichiamoci dei sacchetti di plastica: per gli acquisti preferiamo le borse di carta, cotone, iuta, biodegradabili o comunque riutilizzabili;

5. impariamo a preferire cibi e acqua che arrivano da vicino e impariamo a cucinare anche con gli avanzi : esistono tantissime gustose ricette che ti aiutano a “ricreare” al meglio gli alimenti, evitando che vadano a finire nell’immondizia;

6. per conservare gli alimenti, usiamo i contenitori di vetro e non l’alluminio: inquina, e per la sua produzione lo spreco di energia è enorme. Se si consumano lattine e pellicole di alluminio, è importantissime che siano smaltite negli appositi cassonetti;

7. se indumenti, accessori o giocattoli non ti piacciono più, regalali a qualcun altro: quello che per noi è uno scarto, per un’altra persona può diventare una risorsa preziosa. Conosci, ad esempio, i gruppi di “Te lo regalo se vieni a prendertelo“?;

8. prima di gettare via un computer o un telefonino, verifica che non si possa riparare o che non esistano pezzi di ricambio. E ricorda che le apparecchiature elettroniche vanno smaltite in modo adeguato e non gettate nell’indifferenziata;

9. fai la raccolta differenziata, soprattutto della frazione organica: in questo modo si possono produrre fertilizzanti alternativi a quelli chimici;

10.non bruciare rifiuti di alcun genere: la combustione incontrollata dell’immondizia libera nell’aria sostanze molto velenose.

10 ricette per riciclare uova e colombe

Pasqua è passata, ma cioccolato delle uova e avanzi di colomba no. Ci sono un bel po’ di modi per inventarsi dei dolci usando come ingredienti base quello che durante le feste non abbiamo avuto il coraggio o la forza di finire. L’autrice si definisce una macchina da guerra antispreco. Dalla gola che mettono le sue ricette non stento a crederlo: dalla nutella di cioccolato al pudding di colombe si prospettano un sacco di merende gustosissime.




Ötzi, l’iceman che è in noi

Ötzi, la mummia ritrovata sul ghiacciaio del Similaun in Alto Adige Südtirol, in un certo senso è ancora viva. Frammenti di materiale biologico prelevati dal corpo conservato nel museo di Bolzano, analizzati e confrontati con un campione di 4000 abitanti della zona, ha dimostrato che un tirolese su otto ha nel proprio DNA una mutazione riscontrata anche in Ötzi. Facendo due brevi calcoli, dunque, dopo circa 400 generazioni si può dimostrare che un po’ di quella mummia viva tra noi.

Ogni volta che visito il museo archeologico (fino al febbraio 2015 c’è la mostra Frozen Stories, dedicata alle conseguenze archeologiche del cambiamento climatico), di fronte a quel corpo, non posso non pensare a una serie di elementi come la sua vita, le ferite, le cause della morte, cosa possono aver visto quegli occhi prima di chiudersi per sempre. Poi non posso non pensare a cosa vedono invece gli occhi dei discendenti della mummia. 


Chissà se, confrontando le immagini, l’antenato si sentirebbe a casa oggi e il pronipote riconoscerebbe le stesse valli. Mi immagino che l’istinto, o certi istinti o sensi come olfatto e udito, fossero molto più sviluppati dei nostri attuali. Cosa vedrebbe, sentirebbe, udirebbe e soprattutto percepirebbe un Ötzi di oggi? 

Soprattutto, se ancora fosse accettabile la veduta dalle montagne, come farei a spiegargli lo scempio appena usciti dall’Alto Adige e arrivati in Val Padana?

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

La nuova arca, niente Noah ne Russel Crowe ma un frigorifero

Con Noè e Russel Crowe torna alla ribalta il tema dell’arca. Ma se non fosse una citazione biblica, si rinunciasse al legno di uno scafo e ci si ponesse nelle condizioni di andare molto in là nel tempo? 


L’arca del terzo millennio è sicuramente molto meno affascinante. Immaginiamola come un grosso congelatore, anzi una rete di grossi congelatori chiamati criolaboratori dove cellule ed embrioni sono conservati a -225 gradi celsius. In taniche di azoto liquido sono sospesi interi zoo. I frozen zoo di San Diego, Melbourne e Londra sono i più celebri e insieme conservano 48.000 campioni cellulari di 5.500 specie. Lo scopo? Mantenere la memoria biologica del soggetto e aspettare che un giorno la scienza consenta di riportarlo in vita.


Garanzie di successo non ce ne sono. Nel 2008 provarono a isolare un frammento di dna da un esemplare di tigre della Tasmania conservato sotto alcol da oltre un secolo. Manipolato con il genoma di una cavia, il dna diede segni di reazione. L’esperimento non andò oltre ma il proseguimento degli studi sulle cellule staminali e i progressi della genetica lasciano sperare che in qualche decennio si potranno crescere in laboratorio animali interi partendo dalle cellule indotte a diventare spermatozoi e ovociti.
Nell’attesa, gli effetti speciali iniziamo a goderli al cinema.

PS: A chi si domandasse se qualcuno lo ha già pensato anche con uomini, rispondo “sì”. E’ stato fatto e con corpi interi congelati prima della morte, ma questa è tutta un’altra storia.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.


Buona Pasqua a chi saprà da dove arriva la carne che ha nel piatto

Una eclatante protesta dell’associazione Essere Animali ha portato in piazza Duomo a Milano quattro cadaveri. 
Sono agnelli, ma non sono stati uccisi per essere macellati. Anche se quello era il loro destino, sono morti di stenti per le condizioni in cui sono stati allevati e trasportati. 
Questo non è un messaggio contro il valore delle tradizioni o a favore dei vegetariani convinti. E’ solo un post per incoraggiarci a chiedere da dove arriva quello che mangiamo e per sensibilizzarci sul fatto che c’è carne e carne. Sapere cosa si ha nel piatto e che quello che si vede ha seguito la via giusta, è un dovere prima ancora che un piacere. Si chiama consumo consapevole. Lo si respira quando si mangia in cascina, o se sei in città in posti come Eataly, e non è un marchettone al Farinetti di turno.
Il professor Veronesi sostiene che un italiano su due morirà a causa di un tumore, molti dei quali indotti dall’eccessivo consumo di carne. La carne la mangio, ma voglio essere certo da dove arriva. Questa dovrebbe essere un’ulteriore riflessione. La riporto, se non bastassero quei quattro cuccioli esibiti…

L’orso star di Game of Thrones

L’orso di Games of Thrones non è un effetto speciale. Si chiama Bart ed è il “cucciolo” dell’animal trainer Doug Seus. Sono davvero incredibili le immagini del 71enne e del suo orsacchiotto. Adottato da piccolo, il bestione da 6,5 quintali gioca con l’uomo dando prova di uno splendido rapporto uomo-animale. La meravigliosa montagna di pelo è anche una star del cinema, avendo recitato in numerose pellicole e con attori di fama come Brad Pitt e Morgan Freeman.
Mi viene in mente a quando da piccoli si giocava coi peluche: che effetto pensare a queste dimensioni, non solo fisiche ma anche di affetto.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.