Tra le suggestive tradizioni dell’Avvento, ce n’è una estranea al buonismo prenatalizio, agli angioletti nei presepi e agli zampognari. Riguarda il diavolo, anzi i diavoli. In molte valli alpine è consuetudine che in certi momenti dell’anno, specie verso la fine, alcuni dei paesani si travestano per portare il terrore nelle vie. Dalle Alpi Bavaresi al Friuli e alla Slovenia, tra le montagne echeggiano campanacci, l’odore delle pelli dei caproni è forte e le urla rompono il silenzio dei campi mentre i fuochi illuminano maschere che mettono spavento non solo ai bambini.
In Alto Adige, quasi in ogni paese, nella notte precedente San Nicola, i giovani e le giovani non sposate, si coprono di pelli e corna per camminare tra le strade e molestare i malcapitati che si trovano a incrociare il loro cammino. È la notte dei krampus, ossia dei diavoli. La collocazione temporale dicembrina, in realtà, non è tanto legata all’avvento, quanto ai riti pagani dell’addio al buio per salutare il ritorno della luce con l’allungamento delle giornate. Due mostre, a Bolzano e a San Candido, raccontano questa tradizione attraverso le maschere più caratteristiche.
In sostanza si tratta di uno di quei riti legati ai ritmi della natura che l’uomo non ha dimenticato e che in regioni ancora rurali riesce a sposare la tradizione e il folklore con uno spettacolo che almeno una volta nella vita va vissuto. Meglio se poi ci si infila in una delle osterie che alla tradizione contadina dei krampus sono ben legate, anche perché fanno scoprire che concetti come chilometro zero e sostenibilità delle culture non sono un’affermazione di marketing o la moda del momento.
Come dire che nel momento in cui tutti si sentono più buoni, i diavoli e qualche peccatuccio (di gola) sono ben accetti.
Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post. Grazie ad Alessio Ciani per le foto.