Tutti gli articoli di stefano paolo

Milanese, laureato in Bocconi, giornalista e autore di documentari di carattere storico e geografico per i canali tematici di Sky (con specializzazione in ambiente, storia, tradizioni). Ha firmato progetti per National Geographic e per History Channel. Collabora, tra gli altri, con RViaggi di Repubblica e il Corriere della Sera e l'Huffington Post (http://www.huffingtonpost.it/stefano-paolo-giussani) Libri pubblicati: Gli italiani del Titanic, L'Ultima onda del lago (Premio Brianza 2012), Sentieri di fede e una serie di monografie per Touring Editore e l'Istituto Geografico De Agostini. Il suo blog è Cronache dalla Terra degli orsi. Continua a viaggiare, scrivere e fotografare per Agenzia Geografica (www.agenziageografica.it).

17000 celle per prendere il volo

L’aereo Solar Impulse vola da solo usando la luce e tenta il giro del mondo. Non è fantascienza. Ben 17000 celle solari coprono due ali più lunghe di quelle di un Boeing 747 o un Airbus 380. Non ha l’aspetto di una frastornante balena volante in grado di ingoiare centinaia di passeggeri con i relativi bagagli. Sembra piuttosto un grande insetto, con le ali a sostenere una piccola cabina centrale e quattro silenziosissimi motori. La sfida è aperta e la data fissata. Questo aereo vuole fare il giro del mondo usando solo l’energia del sole e neanche una goccia di carburante.

C’è davvero bisogno di imprese del genere? Beh, sì. La ricerca passa anche da qui. Bertrand Piccard è il rampollo di una famiglia di pionieri e ha già trasvolato il pianeta su un pallone aerostatico. Dopo il successo con il vento, ora ci riprova col sole. È riuscito a riunire i capitali per costruire un aereo mosso solo col fotovoltaico, miracolo di tecnologia che i grandi costruttori di aeroplani avevano negato potesse vedere la luce oggi. Non a caso nessuno dei loro nomi figura tra gli sponsor o i supporter tecnici.

A112 anni dal primo volo dei fratelli Wright, questa macchina volante tenterà l’impresa nel 2015. Con i suoi 70km/h e le tappe tecniche, impiegherà cinque mesi a fare il giro del pianeta, non segnerà nessun record per la velocità ma sarà una tappa miliare per la tecnologia. Il valore aggiunto, uno dei, è che questo giocattolone è in grado di volare anche di notte. I test sono stati finora tutti positivi, compresa la trasvolata USA da San Francisco a NYC.

Se domani riusciremo davvero a staccarci dal suolo e rimanere in aria senza emissioni abbastanza da girare il nostro pianetino azzurro, non avremo scusanti per fare di più e meglio nell’applicare le tecnologie del solare per spostarci al suolo. Aspetterò con il naso all’insù.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Le balene spiaggiate non sono (solo) i ciccioni sotto l’ombrellone

Abbiamo letto dei cetacei finiti spiaggiati a Vasto. Su sette, purtroppo solo 3 sono riusciti a riprendere il largo. Il fenomeno è tutt’altro che infrequente e spesso la salvezza di questi mammiferi dipende anche dalla prontezza di chi si trovano di fronte sulla spiaggia. I filmati ricordano ancora  l’episodio di Arraial do Cabo in Brasile, quando alle 8 del mattino circa 30 delfini finirono arenati e furono salvati da chi si trovava sull’arenile. Purtroppo non si tratta di un evento raro.

Da una stima sommaria sono qualche migliaio all’anno i cetacei che finiscono a terra e muoiono poi per disidratazione o perché si copre lo sfiatatoio. Cito dal sito dell’università di Pavia:

Lo spiaggiamento, singolo o in massa, di cetacei è un fenomeno ormai conosciuto da tutti e da molto tempo. Le cause che determinano lo spiaggiamento di animali vivi sono al centro di un dibattito aperto che dura ininterrottamente ormai da molti decenni. Le teorie sono varie, ma si può con ragionevole prudenza affermare che tale evento può essere provocato di volta in volta da cause diverse, singole o combinate. Pertanto cause individuali, patologie o comunque situazioni di difficoltà individuale, possono indurre un animale a portarsi in prossimità della costa alla ricerca di un bassofondo sul quale appoggiarsi per poter respirare senza eccessivo sforzo. Se l’animale appartiene a una specie dal comportamento sociale particolarmente sviluppato, può succedere che gli individui del branco seguano fino a terra quello o quelli di loro che sono in difficoltà. Certamente anche cause ambientali, quali ad esempio anomalie locali nel campo geomagnetico, al quale sembra che i cetacei siano sensibili, possono provocare fenomeni di spiaggiamento talvolta anche massiccio.

Nei gruppi, chi decide la rotta è il capobranco, se questo si smarrisce, tutto il resto della comunità è a rischio, almeno finché un altro capobranco non prende la guida. Succede anche per l’uomo, del resto, ma questa è un’altra storia. Nell’alto Tirreno, area conosciuta come il Santuario dei cetacei, c’è un capobranco, anzi una, che è una celebrità. Da circa 15 anni, Matilde accompagna i suoi delfini in prossimità della costa della Versilia e, a distanza di sicurezza, offre spettacolo a chi decide di dedicarsi al whale watching.

Una nota a favore dell’Italia: siamo l’unico paese del Mediterraneo e dell’Europa ad avere organizzato e attivato una rete nazionale per il monitoraggio degli spiaggiamenti dei cetacei e a pubblicarne un consuntivo annuale. La segnalazione di animali spiaggiati da parte dei cittadini deve essere fatta alla Capitaneria di Porto di zona oppure attraverso il numero blu 1530. In questo modo viene tempestivamente attivata la catena operativa creata da Ministero dell’Ambiente e Ministero della Salute per il recupero e lo studio degli animali spiaggiati.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Vicopisano invita a fotografare i centri più antichi d’Italia: Il secolo buio s’illumina sui social

Questo articolo è pubblicato anche su “Il Corriere della Sera

Alzi la spada chi non è mai caduto nella tentazione di frequentare una delle feste medievali che arricchiscono il folclore del Bel Paese. Coi loro stendardi a colorare il cielo e le lanterne a rischiarare muri e pietre, molti paesi italiani azionano una macchina del tempo per tornare all’epoca di giocolieri, indovini, dame e messeri. E tanto meglio se tra un’attrazione e l’altra c’è spazio per le bancarelle e sosta nelle taverne. Sembra che quasi non ci sia posto per il contemporaneo in questi eventi, segnaletica coperta, antenne occultate, automobili bandite. Si può perfino fare a meno del telefonino per una sera. Finché qualcuno non ha avuto un lampo di genio. Se le fiere di paese erano nel Medioevo l’evento più social che si potesse immaginare, nell’era dell’Internet tascabile perché non promuovere un trofeo tra i social contemporanei e chiedere agli igers (i fan del social fotografico Instagram) di misurarsi sul tema dei borghi e dei castelli?

L’idea l’hanno avuta a Vicopisano, provincia di Pisa, 8.500 abitanti radunati ai piedi della magnifica rocca progettata dal Brunelleschi. Il sindaco Juri Taglioli, classe 1969, ha coinvolto gli igers pisani Giovanni Borsari e Nicola Carmignani per diffondere la sfida fotografica. «L’idea del challenge non è del tutto nuova — dichiara Carmignani —, su Instagram le community aiutano a promuovere eventi, grazie alle sfide fotografiche su un tema specifico. Data la Festa Medievale e il borgo di Vicopisano, è stato scelto come tema l’unione delle due cose». «Con gli igers pisani, toscani e italiani — aggiunge Borsari — facciamo molte attività di questo genere ma sono anche organizzati dei veri e propri instameet dove un gruppo di persone appassionate di mobile photography si radunano per passare una giornata insieme per visitare un luogo, un edificio o scoprire qualcosa di curioso, non accessibile diversamente». «In generale troviamo un buon riscontro in questo genere di attività attraverso la condivisione delle fotografie in rete — continua Carmignani —. Dietro le community locali ci sono quasi sempre professionisti che si occupano di comunicazione online o web marketing».

Ne è nato così il challenge #Vicopisanomedievale: per una settimana gli iscritti al social hanno potuto celebrare la medievalità tricolore postando immagini sul tema «borghi e castelli» di tutta la penisola. Per la cronaca, ha vinto uno scatto di San Severino Marche. Quello che più sorprende, però, rimane l’abbinamento tra il medioevo genuino e una delle app di maggior successo. Non è un ossimoro? «Vicopisano era la porta di accesso alla Repubblica pisana — dichiara il sindaco Taglioli, alla Festa Medievale rigorosamente in abito a tema — e fin dall’epoca dei castelli era definita un gioiello. Ci siamo chiesti come potevamo diffondere il più possibile questa bellezza così piena e intatta e la risposta è venuta dai Social. Il gruppo Instagramers di Pisa è molto attivo nella valorizzazione del nostro territorio, abbiamo affidato a loro l’organizzazione di un contest fotografico nazionale che valorizzasse le meraviglie dell’età di mezzo del nostro borgo e dei tanti altri italiani che condividono il nostro stesso glorioso passato». Nel dedalo di viuzze all’ombra della rocca si respirava davvero aria d’altri tempi. Forse stonavano certe bancarelle col registratore di cassa ma hanno impressionato l’affluenza del pubblico, buona parte in costume, e la partecipazione attivissima degli stessi abitanti, genuini animatori riuniti nell’Associazione Festa Medievale. Così, oltre diecimila visitatori hanno decretato il successo della manifestazione e smontato l’ossimoro con passione.

Passione che non ha mancato di coinvolgere i sapori, con la cena medievale all’ingresso della rocca. Saranno anche stati i secoli bui, ma su Instagram e alla festa, il medioevo 2.0 è stato un tripudio di colori e sapori. Al contest sono pervenuti circa duecento scatti raffiguranti borghi del Centro e del Nord, poi gli igers hanno più che raddoppiato i post concentrandosi su Vicopisano. Che questa sia anche una via per rilanciare il turismo? Nessuna pretesa di fare miracoli, ma se pensiamo che in certe aree italiane i borghi languono o vivono l’abbandono, forse iniziative come questa potrebbero essere un aiuto per stimolare la curiosità e rilanciare il territorio. Ben vengano, dunque, le attenzioni che riescono a fermare il degrado. Dopotutto ci hanno sempre insegnato che una bella immagine richiama più di mille parole, così il social socialmente utile potrebbe non essere solo un gioco di parole. #VicopisanoMedievale per credere.

Questo articolo è pubblicato anche su “Il Corriere della Sera

Festa Medievale Vicopisano

L’uomo che ammazza l’orso è un bastardo o uno stupido?

Non ci sto. Non posso accettare l’esito nefasto di una operazione che doveva “proteggere” e invece uccide.

Daniza l’orsa aveva difeso i suoi cuccioli da una minaccia, i politici hanno cavalcato la battaglia della minaccia degli orsi, un agente maldestro sbaglia la dose per narcotizzarla e la uccide.

Traduco: uno sprovveduto molesta gli animali nel loro ambiente, il solito politico fa l’opportunista, l’operatore “ecologico” (ops!) immette un po’ più di goccine nel proiettile.
Ma a chi vogliono darla a bere? Qui assieme a un magistrato serve uno psicologo. Signor ministro, mi aspetto la più dura delle reazioni.
Non volete ascoltare l’ecologista perché infastidisce ed è un fanatico?  Bene, ascoltate il cittadino che paga le tasse. Ridatemi i soldi che è costato il progetto Arctos Life, perché i fatti dimostrano che non solo non siamo in grado di gestirlo, ma qualcuno gli orsi non li vuole proprio.

Non mancano le reazioni.

Ciò che è accaduto all’orsa Daniza non è un incidente né un fatto casuale: è un animalicidio in pieno regola – sostiene l’Enpa, Ente Nazionale Protezione Animali – Consideriamo responsabili di questa morte tutte le autorità che hanno fatto del terrorismo psicologico contro l’orso.

Si accodano anche Lav e Wwf:
Che siano accertate le eventuali responsabilità, per evitare nuove morti di questi preziosi animali, specie protetta dall’Unione Europea verso cui l’Italia è responsabile.

Michela Brambilla, da sempre in prima linea nella difesa degli animali:

Ancora una volta, un animale innocente ha perduto la vita per l’arroganza e l’incapacità dell’uomo. I responsabili politici devono trarre le debite conseguenze, lasciando la propria carica.

Beppe Grillo, dal suo blog, rilancia l’hastag #giustiziaperdaniza e i parlamentari del Movimento Cinque Stelle delle Commissioni Agricoltura e Ambiente commentano:

La morte di Daniza rappresenta, ancora una volta, la vittoria dell’arroganza e della crudeltà di chi si sente superiore alla natura e agli altri esseri viventi e che portando avanti un’azione schizofrenica prima promuove il ripopolamento dei nostri boschi di orsi bruni e poi ne decide l’eradicazione.

Aggiungo una cosa. Il politico avvalla l’operazione per il suo elettorato? Bene, colpiamo una delle principali industrie, quella del turismo. Andiamo in vacanza da altre parti. Noi gli orsi li vogliamo vedere. La montagna era prima loro che nostra. Non lo capiranno con le notizie, proviamo col portafoglio. Vedrai che le cose cambiano. Intanto #giustiziaperdaniza

Marche, vai a meditare sull’infinito

La colpa, o il merito, sarà anche di Leopardi, ma ogni volta che mi capita di andare nelle Marche ci casco. Ogni siepe, ma aggiungo ogni albero o ogni muro in mattoni e pietra, diventa l’appoggio per il mio infinito. Non è un caso che da ogni rilievo di questa regione si veda la distesa azzurra dell’Adriatico. Allora, approfittando dell’estate agli sgoccioli, provo a suggerirvi un itinerario qui  tra natura e spirito.

Lasciando Ancona, puntate dritti nell’entroterra e arrivate a Cingoli, tanto per rendervi conto da uno dei punti più panoramici di come le Marche siano modellate. Vi sembrerà di cavalcare la cresta di una mare di quiete onde verdi. Qui non mancate di godervi la tela di Lorenzo Lotto per la quale Napolitano in persona chiamò il sindaco pregandolo di prestarla alla mostra delle scuderie del Quirinale. “Senza la vostra opera – disse il Presidente – la mostra non sarebbe la stessa”. La Madonna del Rosario vi aspetta nella chiesa di San Domenico e il vostro sarà un incontro estraneo alle masse. Voi e Lotto, soli, non capita tutti i giorni. Apprezzerete anche l’avveniristico sistema di illuminazione offerto da una ditta leader italiana.

Su stradine solitarie, scendete poi verso la provincia di Macerata. Qui perdetevi tra San Severino Marche e Camerino. Castello sulla vetta del colle, piazza ellittica a valle, godevolissimo museo e l’incanto di San Lorenzo in Doliolo per il primo borgo. Brio universitario, il delizioso teatro Marchetti, il gioco di portici del palazzo ducale affacciato sui giardini per il secondo. Proseguendo in direzione di Tolentino, l’abbazia di Chiaravalle di Fiastra è circondata dalla omonima riserva e offre anche ospitalità.

Tornando verso la costa, sarebbe un peccato non fermarsi a Montecosaro. I motivi sono due. La chiesa di Santa Maria a Pie’ di Chienti è un gioiello romanico a due piani sovrapposti, originalissima nelle sue forme. Il paese a monte è un abbraccio di case dal quale la vista spazia tra l’Appennino e il Conero. Il Museo del cinema a pennello a ridosso della porta che immette nel borgo è l’occasione per toccare con mano cimeli del grande schermo, italiano e non. Mi sono lasciato incantare dalla bombetta di Totò e dal manifesto originale di C’era una volta il west accompagnato dallo spartito autografo di Morricone.

Rientrando in direzione di Ancona, la tappa d’obbligo è nella Basilica Pontificia di Loreto. Qui tutto ricorda il Vaticano, compresa la loggia dalla quale di affacciò San Giovanni XXIII inaugurando la stagione dei Papi viaggiatori. Da qualche mese è agibile il percorso degli spalti, unico in Italia per raccontare le dinamiche difensive di una basilica fortificata. Se a Loreto tutto parla di maestosità, una sosta a Portonovo riporta all’essenzialità romanica, con i sassi bianchi cullati dal rumore delle onde.

Il vantaggio di un percorso del genere è quello di poter essere praticato in tutte le stagioni. Mi piace anche perché trovo sempre una pensione o un b&b pronti a calarmi nell’altra dimensione del sentimento marchigiano, quella che soddisfa il palato con i suoi gusti indimenticabili. Che la via per conciliare spirito e carne passi proprio da qui?

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

La tecnoscimmia e lady Marion

Fatemi trascorrere del tempo tra boschi e borghi e vedrete un uomo felice. L’Italia mi aiuta in questo, non devo neanche cercare troppo. In qualsiasi punto mi trovi, basta poca strada ed ecco una torre, un campanile, muri in pietra spuntare ad abbracciare vecchie case.

Poi sono arrivati i telefoni. Quindi gli smartphone. Ed ecco le app. Quelle fotografiche in particolare mi creano dipendenza, al punto che il mio compagno mi definisce una tecnoscimmia per l’ingordigia di quadretti di Italia formato Instagram. Sono al punto che anche quando giro con la reflex scatto pure con il telefono, manco fosse una scialuppa della macchina fotografica seria, mentre quando sono in giro solo col fatidico arnese, beh non mi tiro indietro e vado a raffica.

Una settimana fa incappo in un concorso su Instagram. Vicopisano sta per ritrasformarsi in quello che era, l’avamposto medievale disegnato dal Brunelleschi nella bassa Valdarno. Lo fa con una festa e per la festa bandisce un concorso per gli instagrammers sul tema “borghi e castelli”. Pertecipiamo in parecchi prevalentemente del centro-nord. Con mia sorpresa, non vince una foto toscana ma marchigiana, San Severino per la precisione. Chapeau all’imparzialità della giuria.

La notizia non sta (solo) nel fatto che un concorso toscano premia una foto marchigiana, ma nella realtà che la più contemporanea delle diavolerie tascabili si è sposata benissimo con la promozione del medioevo genuino. Il comune ora invita tutti a calarsi nelle atmosfere medievali armati di cellulare per postare più immagini e questa volta della Vicopisano che torna con le sue taverne, i suoi giocolieri e il suo mercato. E’ un ossimoro? Forse, io lo chiamo dare una nuova linfa a un turismo che trova nuovi spunti per appassionare. Tecnoscimmie comprese. Arrivederci a #Vicopisanomedievale

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Lombardia bear-friendly

Daniza e le avventure degli orsi sulle Alpi. Location: settore alpino centrale. Riassunto delle puntate precedenti. 



I grigionesi si sentono minacciati dagli orsi al punto da aspettarli fuori dalla tana per seccarli alla fine del letargo
I trentini ne fanno un problema politico del tipo “per accontentare gli elettori, io signorotto locale decido di dimezzare la popolazione plantigrada”. Il valore è probabilmente stato determinato in preda agli effetti allucinogeni dei funghi trovati dai cercatori che si appostano a sbirciare la cucciolata con mamma orsa in circolazione. 

Stai a vedere che, alla fine, la più bear-friendly è l’industrializzata Lombardia, quella che di solito fa notizia per il blocco del traffico o per gli inceneritori. L’assessore all’ambiente Claudia Maria Terzi, 39 enne bergamasca, afferma di voler rispettare i principi del progetto Europeo Life Arctos e dunque tutelare la popolazione plantigrada rimborsando i danni provocati dalla stessa e incoraggiando l’installazione dei recinti elettrificati per proteggere il bestiame. Non solo.

Non cacceremo via l’orso, piuttosto vorremmo che sulle nostre montagne avesse un angolo di paradiso dove vivere – dichiara al Corriere della Sera – Ecco perché continueremo a tutelarlo come stiamo facendo dal 1999, quando abbiamo assistito al suo ritorno nelle provincie di Bergamo, Brescia e Sondrio. Perché una convivenza con l’uomo è possibile.


C’è dunque un nesso tra industrializzazione e attenzione alle tematiche ambientali? Pare di sì. Cioè chi è più coinvolto nei settori avanzati e si è misurato pesantemente coi rischi ambientali tende a preservare la naturalità meglio di chi si spaccia per naturale e poi non esita a sparare o sbattere gli animali nei recinti. Penso che tutti gli appassionati di natura se ne dovrebbero ricordare la prossima volta che decidono dove trascorrere le vacanze alpine, magari tenendo presente che la Lombardia conta 24 parchi regionali, oltre al Parco Nazionale dello Stelvio. #iostocondaniza e il documentario lo dimostra.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Una tassa sul carbone per far girare le pale

La fondazione Leonardo Di Caprio ha finanziato un film di 8 minuti sulla Carbon Tax con la voce dell’attore di Titanic. Dandone notizia, l’Huffington Post americano rimarca il fatto che una tassa sui combustibili fossili potrebbe incentivare l’utilizzo delle risorse rinnovabili, a tutto vantaggio della riduzione di emissioni e danni che le continue estrazioni e il fracking stanno creando.

Il ragionamento funziona. Però già immagino le polemiche in Italia: le pale eoliche fanno schifo e i campi di pannelli solari sono un pugno in un occhio. Nel ginepraio delle opinioni ecologiste o pseudotali si condannano pale e pannelli salvo poi lamentarsi delle emissioni delle ciminiere o dell’impatto delle strutture idroelettriche. Ricordo ancora una frase di un valligiano che si definiva verde e commentava l’installazione della prima pala eolica in Valtellina: «Ci hanno rubato l’acqua e ora ci rubano anche il vento». No comment.

Vediamola in un altro modo. Ci sono aree sottosviluppate e a scarsa vocazione turistica dove l’eolico non sarebbe affatto devastante ma aggiungerebbe risorse e posti di lavoro. Nella stessa misura abbiamo chilometri quadrati di tetti di capannoni e condomini per i quali non sarebbe certo un problema essere rivestiti di celle solari. Forse è sensato imboccare questa strada magari utilizzando i fondi di una Carbon Tax. Continuiamo a digerire le costruzioni che hanno imbrattato la nostra Italia dagli anni ’60 al 2000 senza che nessuno proponga di farle saltare e siamo qui a dire le energie rinnovabili (i cui generatori sono peraltro smontabili) rappresentano un problema?




L’ultimo pascolo dell’estate

Si avvicinano le giornate cristalline di settembre, quelle in cui in uno stesso panorama si vedono l’infuocata dei boschi e le montagne ingiallite a fare da pilastri a cieli cobalto. Speriamo che l’autunno sia un po’ meno originale della stagione che lo ha preceduto. Rimane comunque un momento di riflessione.

Vi svelo un paio di posti a me molto cari, a ridosso dei 4000 alpini ma raggiungibili con facilità. Ci vado per ricaricare l’anima e il corpo, a salutare i pascoli prima del riposo invernale. In Valle d’Aosta, tutti conoscono la maestosità del Monte Bianco e la sagoma svettante del Cervino. Di fronte a loro ci si può arrivare con sentieri e carrarecce, senza dover fare code, timbrare cartellini o sopportare suoni che non siano naturali.

Un’angolazione originale della piramide granitica più famosa del mondo è quella che si gode da Gillerey, frazione di Torgnon. Il comune è uno di quelli della Val d’Aosta dove non ci passi per caso, ci devi andare apposta. Lasciando la celebre strada che porta alla ancor più celebre Cervinia, il paese è adagiato sulla sinistra. Chi ama i luoghi preservati benedirà il fatto che Torgnon non è affatto celebre, nonostante i vicini ingombranti. E’ aggraziato come molti paesi da queste parti, ma qui ci sono almeno un paio di motivi in più per venirci. Il primo è il borgo di Triatel, del quale la parte più antica è stata recuperata integralmente e mostra come si viveva sulle Alpi fino all’inizio del ‘900. 

Una grande lezione per chi ama la montagna, un ottimo spunto per tutti gli altri che possono comprendere come l’abitare le Alpi non sia affatto scontato. Il secondo motivo è la straordinaria veduta su Cervino e Plateau Rosa che si gode da Gillerey, a monte dell’abitato, il poggio è caratterizzato da una chiesetta esagonale con dodici rocce attorno a rappresentare gli apostoli. La strada che ci arriva fa parte della Balconata del Cervino e il tempietto appare all’improvviso come se qualcuno ce lo avesse appena appoggiato. Lo sterrato che pennella le foreste di Torgnon attraversando conche e crinali può essere percorso a piedi, in bici e perfino con gli sci  da sciescursionismo in inverno. 

Cambio scena, ci si avvicina al ghiacciaio quasi a sentirne il freddo. Sul versante opposto della Vallée, superata Aosta e quasi al cospetto del tetto d’Europa, si punta a La Thuile. La stazione invernale è molto conosciuta, anche per la condivisione del comprensorio sciistico con la francese La Rosière. Meno nota, invece è la parte escursionistica. Il tracciato delle cascate del Rutor è tra i più affascinanti che si possano percorrere. Raggiunta la terza cascata, l’invito è a proseguire per risalire l’ultimo crinale a guadagnare la quota del rifugio Deffeyes. Qui niente rumori e zero inquinamento luminoso. L’edificio fronteggia il circo glaciale del Rutor con un’angolazione da spettacolo perfetto. Il ghiacciaio si è molto ritirato dall’800, quando una volta all’anno provocava disastri appena l’eccessivo scioglimento delle nevi faceva saltare il tappo di detriti e provocava un’improvvisa alluvione a valle. 

Oggi il corso del torrente è una lezione vivente dell’orografia alpina, con un ponte nuovo di zecca sospeso sul salto della terza cascata. Il Sentiero del Centocinquantenario che si imbocca dalla parte opposta del ponte è una via alternativa alla discesa. In tutto questo, il Monte Bianco è lì, a guardare ogni passo come il gigante sonnacchioso che possiede la montagna ma non si fa problemi a fartela godere. Generoso lui, come solo la natura sa essere. Due occhi, a volte, non bastano per portare a casa tanta grandezza, ecco perché in montagna serve anche il cuore.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

ET, il contatto entro 20 anni

Il contatto con un extraterrestre potrebbe non essere molto distante. La NASA sostiene che entro 20 anni comunicheremo con una forma di vita proveniente da un altro pianeta collocato probabilmente oltre i confini della galassia. 
L’argomento è al centro di un volume di circa 300 pagine disponibile gratuitamente in e-book sul sito dell’Agenzia Spaziale Americana. Archeologia, antropologia e comunicazione interstellare valuta i problemi che potranno sorgere nella comunicazione, fondamentalmente riconducibili alla possibile non comprensione di concetti come bene e male o col fatto che la nostra cultura di carattere monoplanetario potrebbe non essere compatibile con un sistema di conoscenze fondate sulle esperienze di più pianeti radicalmente diversi. 
Sulla terra parliamo 6909 linguaggi diversi distribuiti in 204 stati, saremo pronti?