Archivi categoria: Terra degli Orsi

Scopri qui quanto sei vicino a un tumore

Il neoministro Zanonato potrebbe riconsiderare le scelte dell’energia atomica. Ma abbiamo imparato qualcosa da Fukushima o no? Soprattutto: prima di costruire presupposti per nuovi scheletri, il neoministro ha idea di cosa fare di quelli vecchi? 
In Europa ci sono 89 centrali vicine al termine del loro ciclo vitale. Di questi siti, molti sono in prossimità del confine italiano. Ricordo che la prossimità in tema di impianti atomici è molto relativa: Chernobyl dista da Roma circa 1700 km ed ebbe gli effetti che sappiamo sulla nostra alimentazione (latte e alimenti contaminati in tutta Europa). Ci sono però degli effetti che purtroppo non conosciamo e non conosceremo mai.

Ci sono immagini che non vorremmo mai vedere

I siti del nucleare italiano ed europeo, da qui si capisce quanto si è distanti dal rischio

Precisato questo, mi sono domandato cosa succede quando gli impianti vanno dismessi.  Una macchina finisce da un rottamaio, una lavatrice in discarica, l’umido nel cassonetto verde, ma una centrale atomica? Non è un argomento semplice da trattare. Le centrali atomiche nel loro ciclo di vita generano tre tipi di prodotti: quelli altamente radioattivi che sono stati vicino al reattore e decadono in 100.000 anni (come dire che se i primi homo sapiens avessero avuto delle centrali saremmo qui ancora a subirne le conseguenze), quelli mediamente reattivi  e quelli pochissimo reattivi (paragonabili alle scorie prodotte dagli ospedali). Per saperne qualcosa in più basta leggere qui.
Quel che poi rimane della centrale vera e propia, è il problema più grosso e si sta ponendo in Italia con il reattore di Caorso (in provincia di Piacenza). A ruota si ci sarà da pensare a Trino (Vercelli), Latina e Garigliano (Caserta). Poi andranno bonificati i cinque impianti di trattamento del combustibile che erano di servizio agli impianti italiani (due in Piemonte, due in Lazio, uno in Basilicata).  Questa è la mappa del nucleare italiano.  La società che si occupa in Italia di questo genere di smantellamenti è la Sogin (acronimo di Società Gestione Impianti Nucleari). Ha già curato parecchi lavori tra cui lo smontaggio dell’edificio turbine di Latina (14.000 tonnellate, come il ponte di Brooklyn) e dell’acciaio di Caorso (10.000 tonnellate, Torre Eiffel). La società è altamente specializzata nel campo dal nome elegante di decommissioning, riportare cioè allo stato di green field (prato verde) senza alcuna emissione un sito che prima era una entità atomica. I nostri tecnici sono apprezzati anche all’estero e  stando alle affermazioni dell’AD della società Giuseppe Nucci, il lavoro dei prossimi anni sarà la più grande operazione di bonifica ambientale a livello europeo (guarda il video istituzionale) .
Dalle affermazioni di Sogin, è un’agenzia dello stato, apprendo che ad oggi abbiamo spedito oltre confine (destinazione non pervenuta) il 98% delle nostre scorie e che ci serve assolutamente un deposito di scorie italiano. Ne dovremo anzi  fare due, uno di superficie e un altro sotterraneo. Il primo sarà una specie di parco tecnologico (lo definiscono così e mi immagino una Disneyland dell’atomo) destinato a diventare un polo di eccellenza delle ricerca, almeno stando alle affermazioni del video istituzionale. Lo scavo sarà quello destinato invece ad ospitare il peggio della nostra energia atomica. La località iniziale prescelta del 2003 era Scanzano Jonico, ma seguirono reazioni infuocate alla comunica  del decreto legge. In effetti i lucani non l’avevano presa affatto bene e il governo aveva deciso di riconsiderare la scelta del sito, che attualmente è ancora in via definizione. Spetta alla Sogin fornire un elenco dopo un incontro con le località che si candideranno ad ospitare i rifiuti.
Sarò un po’ all’antica, ma mi immagino due scene curiose: la prima i rappresentanti delle località che sgomitano e si picchiano per contendersi il ruolo quando apriranno le selezioni (in Svezia è successo questo). La seconda i tecnici di Sogin che devono scegliere un luogo ad altissima sensibilità che sarà poi amministrato dalla stessa Sogin, come dire che controllato e controllore coincidono. E’ un conto in cui qualcosa non torna, ma intanto il tempo stringe. Presto ci saranno circa 80.000 metri cubi (una fila di TIR di 13 km) di materiale da gestire. La gestione tocca il trasporto, lo stoccaggio, il monitoraggio geologico, dell’aria e della falda  idrica del sito. Prima che l’esecutivo di Monti si arenasse, Passera aveva garantito una risposta entro l’inizio del 2013. Intanto la mappa è pronta e al ritmo a cui la Sogin sta smontando le centrali (sono bravini e procedono celermente) sarà una delle prime scelte che il prossimo governo dovrà affrontare e sono proprio curioso, probabilmente assieme a qualche altro milione di italiani, di scoprire a chi toccherà la patata bollente e le scorie quasi ancora tiepide.
Questo articolo è stato pubblicato anche sull’HuffingtonPost.

Una nave di artisti e ricercatori per sentirsi un po’ Darwin

Un pool di ricercatori e artisti, un navigatore e il suo brigantino si avventurano in luoghi dove la carta recita ancora “unexplored territory”.

Spedizione alla fine del mondo è il documentario vincitore del Trento Film Festival ma soprattutto il racconto di un viaggio che ha davvero il sapore dell’esperienza darwiniana.

La coda sul tetto del mondo, il buon senso resta a valle.

Il sole non è ancora sorto quando la comitiva di dieci persone e due guide è incolonnata appesa a una corda sotto un cielo che sta virando dal carbone al cobalto.

Ogni passo è un’impresa, ogni gesto uno sforzo, le maschere scandiscono il respiro. Basta un niente, ma davvero un niente come scivolare, cadere sulle proprie ginocchia, inciampare in una corda, per creare l’incidente che mette a repentaglio la vita del gruppo e delle guide. Lo illustra bene un filmato di National Geographic di una gita finita in tragedia. Ma l’Everest non è da gita, l’Everest non è per tutti.  Eppure una logica di sfruttamento commerciale vuole farlo diventare, portando in vetta comitiva di gente impreparata. Non bastano pochi giorni di acclimatamento per fare di chiunque un alpinista. Non basta una buona attrezzatura per prevenire l’assideramento.

Analogamente, una certa logica commerciale, se vogliamo ancora più sporca, fa in modo che i grandi alpinisti sponsorizzati da altrettanto grandi marchi diffondano a loro volta il nome delle montagne più alte del mondo. Il denominatore comune di tutti è poter dire “siamo stati lì”, vale per l’alpinista, per il suo sponsor, per i partecipanti della gita. Ecco allora il conflitto. Gli sherpa vedono negli alpinisti e nelle loro spedizioni milionarie un ostacolo al loro pane quotidiano. Gli alpinisti vedono negli sherpa e negli improvvisati gitanti un fastidio alla loro impresa. In qualche punto, lassù, il contrasto: dove non c’è lo spazio per un passo fuori posto non c’è spazio nemmeno per la lucidità di una discussione in caso di contatto. È quello che è successo. Gli sherpa attaccano. L’alpinista, nel caso Simone Moro, si difende.

Se anche è andata così non c’è un torto o una ragione. Dovrebbe esserci solo il buon senso. Ma è il presupposto al buon senso che manca: è davvero utile all’economia locale portare lassù una comitiva improvvisata? O davvero utile per il noto alpinista e il suo sponsor milionario cimentarsi nell’ennesima impresa sulla vetta? Tra le tante alternative, un uomo di buon senso non credo risponderebbe affermativamente a entrambe le domande. Simone Moro è abbastanza intelligente per trovare modo di dare eco alla propria capacità. Gli sherpa potrebbero essere stimolati a promuovere forme di turismo di scoperta che non preveda tornelli da metropolitana ai campi base. Ci sarà tempo per rifletterci a valle?

Questo post è stato pubblicato anche sull’HuffingtonPost.

Lo yoga senza gravità, benessere in volo

Avete mai sentito parlare di Yoga senza gravità?

E’ una sensazione inusuale, un modo per ricavarsi una dimensione di benessere sospesa a mezz’aria, soprattutto una pratica dopo la quale ci si sente davvero in grado di volare. Ci sono almeno 25 diversi benefici, dalla stimolazione ormonale al miglioramento del controllo sugli equilibri del corpo in questa pratica sviluppata oltreoceano. Un’ottima occasione per perdere il contatto da terra e ritrovare se stessi.

I praticanti si stanno diffondendo in Italia, con tanto di gruppo facebook a cui chiedere dove rivolgersi per provarci e qualche video tutorial.

Ridi che invecchi meno e ti si allunga la vita

Hanno dedicato una giornata al sorriso, domenica 5 maggio.

Abbonderá, come dice il proverbio, sulla bocca degli sciocchi, ma almeno allunga e migliora la vita. Se vi pare una sciocchezza da rotocalco, sappiate che i benefici sono documentati dalla ricerca medica. Così emerge che una risata:
>migliora il ricambio d’aria polmonare
>aumenta il flusso sanguigno al cuore
>aumenta le cellule coinvolte dal sistema immunitario
>induce positivitá allungando la vita
>combatte le rughe attivando 15 muscoli facciali
>migliora gli addominali attivando anche qui i muscoli
>induce la produzione di antidrepressivi
>per le donne interessate, addolcisce il latte materno.
Qui finisce la scienza, ma… avete mai pensato che un sorriso rende più attraenti e trasmette un’idea positiva di noi? In effetti è meglio uscire con uno che ha il buon umore addosso che non con un musone, no?

Questioni di Natura, una mostra in un centro storico

Un lupo appare inaspettato sulla scala della torre in mattoni, un giovane vede foglie spuntare dalle proprie mani, una coppia si incammina nel nulla di un campo innevato, zolle di terra disegnano le sagome dei continenti e ospitano semi di piantine. Naturales Quaestiones  è una mostra allestita nell’arengario di Monza. L’antico palazzo comunale diventa il teatro per un argomento molto attuale che attinge a Seneca per il titolo. Il rapporto con l’ambiente passa anche dall’arte, fino al 19 maggio.

3 minuti in pausa pranzo, l’uomo degli orsi, la guardiana del faro

Ci sono tanti modi e canali per promuovere la conoscenza di un luogo. Questo è quello che ha scelto la Finlandia.

Mi piace chi punta sul rapporto uomo – animali, a suo modo è come puntare al cuore del rispetto tra le varie sfere della vita. Vuol dire non avere nulla da nascondere. La Finlandia è ovviamente anche molto altro, ad esempio Paula. Vive col marito su un’isolotto, uno dei tanti che punteggiano la costa tra un’insenatura e l’altra. Nel filmato vorrei essere a mangiare fragole appoggiato alla balaustra del loro faro.

Cominciate pure ad immaginare questo paese staordinario, nella sua immensa foresta punteggiata di laghi c’è posto anche per voi.

La città più curiosa del mondo

Ricordate il celebre Well the hell is Matt dove Matt Harding, ragazzotto americano pressoché sconosciuto all’inizio del primo filmato, ballava in giro per il mondo immortalandosi negli scenari più caratteristici di ogni paese e diventando una celebrità planetaria?

L’italianissima casa di produzione The Jackal ha fatto lo stesso in una delle più affascinanti città del Bel Paese. A metà tra spot pubblicitario e documentario di denuncia, ladies and gentlemen ecco a voi Napoli!

Scarica qui l’itinerario pedonale per scoprire Napoli come non l’avete mai vista.

Se poi volete prendervi altri cinque minuti, leggete Mario Schiavone. Non è che un diario, ma cambiare angolazione, ogni tanto, fa bene a tutti.

Dove vado domenica? A Milano la critical mass

Domenica a Milano faremo massa critica. Una cascata di biciclette (ma sono ammessi tutti i mezzi a ruota non spinti da un motore) si muoverà per la Ciemmona, cioè la mamma di tutte le Critical Mass.

Partiamo dal presupposto che il 75% delle risorse destinate al potenziamento del trasporto pubblico viene rivolto al 2,9% della reale domanda, lasciando senza risposta il pendolarismo e la domanda di mobilità che davvero potrebbe migliorare la vita quotidiana: la massa critica vuole muovere le acque e portare l’argomento all’attenzione di tutti.

Un paio di elementi a sostegno.
Da oggi, se vi iscrivete attraverso il sito di Trenitalia al programma CartaFreccia potete aderire al bike sharing di Milano e Verona al costo di soli 26 €.

A Madrid non solo han fatto la loro Critical Mass, ma appena le autorità hanno paventato la possibilità di inasprire le condizioni di traffico ciclistico, son corsi a chiedere asilo alle ambasciate straniere molto sensibili all’argomento. Con le dovute proporzioni, stando allo scarso rispetto di cui noi ciclisti godiamo qui, temo dovremmo quantomeno incatenarci al consolato svizzero (tanto per citare il paese che ha messo in rete la mobilità ciclistica con la sentieristica nazionale a 40 km da Milano).

Pedalare tutti assieme può dare anche a noi forza. Almeno proviamoci.
NB: a scanso di pessimi ricordi sulla Ciemmona, non dimentichiamo queste raccomandazioni.

La ecolezione italiana, battute Norvegia e Cina

Cosa non si farebbe per i minerali? Di fronte a metalli preziosi o petrolio, non c’è patrimonio naturale o culturale che tenga. Nella civilissima Norvegia la macchina dell’economia è assetata di petrolio e corre a piena velocità verso le Lofoten, perle del Mare del Nord famose per le aurore boreali che illuminano un paesaggio fantasmagorico.

Lo spettacolare fenomeno atmosferico che si vive nell’inverno artico può anche essere vissuto a bordo del celebre postale dei fiordi, conosciuto da ogni estimatore del grande nord e che dovrebbe essere provato almeno una volta nella vita. In futuro la nave passerà sfiorando le piattaforme petrolifere? E’ molto probabile che la risposta sia “no” e che si troverà una forma meno devastante di estrazione. Non dimentichiamo che i norvegesi sono infatti gente che non allarga nemmeno le strade per non invadere gli spazi naturali oltre le reali necessità.

Diversa è la realtà in altri continenti, dove lo sfruttamento rischierà purtroppo la degenerazione in ecodramma. Il colosso commerciale cinese si occuperà delle costruzione di un aeroporto intercontinentale per i propri cargo commerciali in Zimbabwe, a ridosso del patrimonio UNESCO delle cascate Vittoria.

Qual’è la necessità di un simile sforzo? Ai cinesi è presa di colpo la voglia di cascate? Nulla di tutto questo. La Cina è affamata di minerali e l’area non è distante dai grandi giacimenti concessi all’impero economico.

In lande più lontane e purtroppo già avvezze ad atti scellerati, quel che rimane dei monasteri buddisti della città fantasma di Aynak, già compromessa dai talebani, è ora minacciato da un’altra concessione governativa ottenuta sempre dai cinesi per lo sfruttamento minerario dell’area, ricca di rame.

Il rame e l’oro, elementi fondamentali per la componentistica che sempre più regola la nostra vita, sono invece il fiore all’occhiello per l’italiano Andrea Squarcialupi (http://www.chimet.com/it) che li recupera smontando rifiuti informatici. Per una volta è la nostra ecoimprenditoria a vincere. Saranno anche piccoli numeri rispetto alle esigenze, ma è la dimostrazione che, volendo, si può fare. Intanto: Italia 1 – Norvergia e Cina 0!