Archivi categoria: Terra degli Orsi

Energia dal sole, da Abu Dhabi a casa nostra

Dopo tre anni e 600 milioni di dollari, ad Abu Dhabi si è conclusa la costruzione del più grande impianto di produzione di energia solare del mondo. Considerato che le sabbie su cui è appoggiato galleggiano su un mare di petrolio, il segnale è abbastanza forte. La struttura è in grado di fornire energia a migliaia di abitazioni facendo risparmiare all’ambiente circa 175000 tonnellate di CO2 l’anno (dato stimato).

In Italia l’impianto più grande è quello installato sui tetti della fiera di Rimini e alimenta parte del fabbisogno del quartiere espositivo.

Dal grandissimo al piccolissimo con una domanda che spesso mi sento rivolgere. Ma a una famiglia conviene sfruttare il sole? La primissima risposta non può che essere  un genericissimo “dipende”. Vanno piuttosto valutati con attenzione quali sono i parametri per l’efficienza di un micro impianto per la produzione di energia. Non c’è una unica formula ma una serie di elementi da prendere in considerazione (tra cui irraggiamento della zona, inclinazione della falda, restituzione ala rete, efficienza della progettazione, qualità delle struttura). Tutto concorre a influenzare il bilancio. In estrema, estremissima, sintesi, possiamo considerare che per la produzione di 3 Kw (dimensione familiare) servono circa 3500 euro che si recuperano in circa 6 anni in una fascia climatica tra Liguria e Toscana.

Diverso il caso per un impianto solare a vocazione termica (riscalda l’acqua) che è relativamente più semplice e a circolo chiuso. Permette di risparmiare immediatamente sui costi della produzione sanitaria.

Il mio punto di vista sulla verità: se interpellerete 10 tecnici diversi otterrete 10 risposte diverse. C’è però un elemento alla base di tutto: optare per la realizzazione di un impianto è fondamentalmente una scelta etica. Mettetevi il cuore in pace che prima o poi si ripaga, è solo questione di tempo. Il risparmiare emissioni nocive è il vero valore aggiunto. E per chi crede che il futuro della Terra non abbia prezzo, è questo l’importante.

La luna privata di Leonid

Leonid Tishkov è un dottore appassionato di arte che a un certo punto decide di farsi un giro ritraendo un disco luminoso con le sembianze della luna.

Ne nasce il progetto Private Moon e il risultato è sospeso tra i sogni del Piccolo Principe e un immaginario surreale. “Non vorrai mica la luna?” si chiedeva un tempo a chi domandava l’impossibile: Leonid non solo l’ha voluta, ma l’ha anche portata dove più gli è piaciuto valorizzando paesaggi d’incanto.

Passavamo, ancora giovani, sotto gli alberi alti e il vago sussurro della foresta. E le radure, improvvisamente apparse nella casualità del sentiero, il chiarore della luna le trasformava in laghi, le cui rive, intricate di rami, erano più notte della notte stessa. La brezza vaga dei grandi boschi faceva sentire il suo respiro fra gli alberi. Parlavamo delle cose impossibili; e le nostre voci erano parte della notte, del chiarore lunare e della foresta. Le sentivamo come se fossero di altri.
Il libro dell’inquietudine, Fernando Pessoa)

Una realtà diversa all’aria aperta, basta un telefonino

Francois Dourlen è un fotografo. Come molti ha iniziato a maneggiare lo smartphone allontanandosi dagli schemi, ne è uscito un percorso originale che ognuno di noi può divertirsi a imboccare scatenando la fantasia. Un treno giocattolo arriva in stazione, l’occhio del Signore degli anelli brilla su un vecchio faro, una nave fantasma attracca in porto, Di Caprio e la Winslet portano il Titanic sulla vostra spiaggia preferita. 

Ispiratevi con una  parte della collezione intanto, poi provateci anche voi, perfino la metropolitana potrebbe aprire porti inimmaginabili.

Trono di spade o Signore degli anelli? Solo un faro, vero

Non è la scenografia di una saga fantasy, ma il il faro di Fastnet, lembo estremo dell’Irlanda sudoccidentale. La realtà a volte super davvero la fantasia. La costa su questo tratto di mare riserva altre sorprese come un monastero del V secolo sulla cima di un’isola vicina e scogliere pullulanti di uccelli marini. Un filmato ne mostra un tratto fino alla surreale costruzione del faro di Fastnet, alta 50 metri e in funzione dal 1904.

Eretto sopra un banco di rocce basse, una lega all’incirca dalla riva, contro le quali rompevansi le acque per quanto lungo era l’anno, stava solitario un faro. Aderivano alla base enormi viluppi di alghe, e gli uccelli della tempesta – partoriti forse dal vento come l’alga del mare – vi svolazzavano intorno alzandosi e abbassandosi come le onde che sfioravano con l’ala.
Ma anche qui, due guardiani aveano acceso un loro fuoco, e questo traverso alla feritoia del muro massiccio mandava un raggio lucente sulle tenebre del mare. Stringendosi le mani callose di sopra alla rozza tavola e al loro boccale di ponce, si davano l’un l’altro il buon Natale; e il più vecchio dei due, dalla faccia accarnata e cicatrizzata dalle intemperie come una di quelle teste scolpite che sporgono dalla prua di una vecchia nave, intuonò una selvaggia canzone che poteva parere una raffica. (Canto di Natale, Charles Dickens)

Tartarughe, l’incredibile viaggio

Le tartarughe sono esseri straordinari e nonostante la simpatia che suscitano non hanno coesistenza facile con la razza umana. Alcune vivono fino a 40 anni, certi esemplari delle Galapagos possono addirittura raddoppiare. Seguendole nel loro ambiente naturale, un documentario racconta la straordinaria esistenza di questa affascinante specie che spesso convive anche nelle nostre case ma che ancora più spesso subisce le conseguenze dell’inciviltà dell’uomo.

Per una tartaruga un insignificante pezzo di plastica buttato senza pensarci diventa una causa di malformazione. Figuriamoci altri ammassi come reti, sacchetti e scarti di confezioni, spesso sinonimo di morte sicura.

Poi c’è chi invece si mette d’animo e organizza una staffetta di soccorso per salvare 35 esemplari dallo spiaggiamento dovuto a scompensazioni climatiche. Qui tutto è finito per il meglio grazie ai volontari e all’intervento di un aereo della guardia costiera USA.

Tira fuori la bici, ma non fartela ciulare

Sapete quanto è il tempo stimato per avvicinare una bici, puntare il tronchesino sulla catena, azionarlo, salire in sella e pedalare via? Meno di un minuto!

Chi ha pedalato tutto inverno o chi ha appena spolverato il telaio, con la primavera deve fare i conti con l’aumento dei furti delle bici, stimati in 10/20 al giorno nelle grandi città. Rubare una bici è facile, facilissimo, guardate questo esperimento in cui un attore ruba indisturbato una bici (la sua) avvicinando la catena prima con un seghetto, poi con un tronchese industriale. Nessuno, proprio nessuno, gli dice niente.

Un pieghevole edito in collaborazione con la FIAB è anche scaricabile per adottare qualche precauzione e limitare i furti.

La città con più furti è Milano, e qualche ulteriore accorgimento in più è indispensabile, non ultima l’essere ben informati sul dove andare a recuperare quel che é vostro nel giro di qualche ora, subito dopo aver sporto denuncia.

I dieci consigli base per non rimanere vittima dei ladri sono:
1- fotografare la bici appena acquistata e conservare l’immagine per una eventuale denuncia
2- denunciare sempre il furto
3- non risparmiare sul lucchetto+catena (ottimi quelli a maglia quadra)
4- adottare un doppio lucchetto (personalmente ne uso uno per telaio+ruota anteriore, l’altro per telaio+sottosella)
5- legarla a qualcosa di fisso
6- mai lasciarla slegata, neanche per 30 secondi, “loro” son più veloci di noi
7- evitare gli sganci rapidi delle ruote e del sellino
8- parcheggiare in luoghi ben visibili
9- dotarsi di un gps di ricerca come lo spybike (ne esistono da forcella) da collegare alla app del telefonino, garantito che funziona
10- rendere la bici ben riconoscibile con marchiature a incisione o colori evidenti.

Il sito www.rubbici.it è un aiuto per chi sospetta che la bici che si sta per acquistare sia rubata e per chi ha subito il furto.
Ricordo che è penalmente perseguibile picchiare selvaggiamente chi trovate in giro  con la vostra bici nel caso non siate stati voi ad avergliela prestata. Piuttosto avvertite subito i carabinieri trattenendo il sospettato. Se vi riesce fatelo amabilmente discutere con un vostro amico dalle mani a forma di badile.

Un giorno per la terra, più alberi, meno sprechi

Il 20 aprile scorso era la giornata per la Terra. Da noi è passata quasi inosservata per i motivi di cronaca legati alla politica interna. Siamo un paese con la memoria cortissima, per dirla alla Pasolini, quindi che ne rimarrà? Della politica non so, lascio a chi è più esperto di me. Per l’ambiente, invece, dipende da noi, come al solito. Nel nostri piccolo, chiunque può fare qualcosa. Quelli di Earth Day lanciano un messaggio, anzi due, dentro e fuori casa: aumentiamo il verde e fermiamo gli sprechi.

Per il primo obbiettivo si può prendere l’impegno di piantare un albero, loro puntano a 5 milioni con il Canopy Project affidando il messaggio al video di James Smith.
Per la seconda parte si potrebbe invece mettere le mani in dispensa e in frigorifero e rendersi conto che un terzo degli alimentari che acquistiamo spesso finisce in pattumiera. Durante i periodi di festa va anche peggio e al ristorante certi piatti tornano indietro anche mezzi pieni. Negli USA circolano video tutorial per insegnare alla gente a cucinare con gli scarti, che non significa attingere alla pattumiera, ma solo usare verdure meno belle o avere il coraggio di chiedere al ristorante di portare a casa i propri avanzi. Seguendo le ricette a tema in rete non mancheranno spunti appetitosi.

Con quello che buttiamo, ad esempio, nella Comunità Europea otterremmo in un anno una cintura di camion in grado di cingere il pianeta all’altezza dell’equatore. Latte, yogurt, verdure, pasta, possono essere usate senza problemi nonostante la scadenza indicata. Tutto è raccontato nel documentario Taste the waste. Un vasetto di yogurt, per esempio, dopo la scadenza non può più essere venduto sugli scaffali ma è tranquillamente commestibile per almeno una settimana.

Chi non è succube delle etichette, in Italia può fare affidamento al Last minute market. Vi consiglio di farvi un giro. Come spesso accade, cambiando abitudini si fa del bene alla Terra ma anche al portafoglio. Crunchd mette addirittura in rete gli orti privati per facilitare gli scambi tra chi ha surplus di una varietà e ne cerca un’altra, oltre che per dare consigli. Fantacucina? Forse! Intanto è come avere sempre a disposizione un carrello pronto a rifornirti di prodotti che nell’era del global hanno quel profumo così local che ci piace molto.