Firenze, fatti un giro nel contemporaneo dell’arte

Siamo abituati a pensare al contemporaneo legato ai grandi nomi dell’arte battuti dalle aste milionarie. Ecco: reset. Vorrei trasmettere tre elementi riferibili al contemporaneo, ma probabilmente non nel senso che immaginate.

La.statua.fu.realizzata.dal.Caccini.partendo.da.frammenti.di.epoca.classicaIl.complesso.scultoreo.del.Caccini.apre.il.corridoio.superioreLa.posiizone.in.testata.alla.galleria.superiore.degli.Uffizi.aggiunge.suggestione.alle.forme

 

Scena 1. Uffizi. Se foste vissuto nel Cinquecento, avreste considerato la prestigiosa galleria fiorentina un museo di arte contemporanea. Quello che oggi è il più visitato museo italiano, torna ad avere all’inizio del suo percorso la statua di Ercole e Nesso. Fresco di restauro, il gruppo scultoreo che apre il corridoio superiore celebra il ponte tra l’antico e il Rinascimento in quanto fu realizzato – nella forma in cui lo ammiriamo oggi – dal maestro Caccini partendo da un frammento di epoca classica.

Ben.40.proiettori.illuminano.Le.forme.di.Santo.Stefano.con.le.opere.di.Van.GoghScorpacciata.di.colori.e.suoni.nella.multimedialit..di.Van.Gogh.AliveVan.Gogh.protagonista.in.Santo.Stefano.al.Ponte

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Scena 2. Chiesa di Santo Stefano al Ponte. Van Gogh non passa mai di moda. Sembra sempre sulla cresta dell’onda e sotto gli occhi di tutti. Basta vedere quanta gente attende in coda per le mostre coi lavori dell’artista olandese. Nella chiesa sconsacrata nei pressi della riva dell’Arno, Van Gogh Alive è un’esperienza multimediale che inonda di colori attraverso proiezioni sulle pareti interne del tempio. Ogni dipinto diventa una gigantografia animata da tecnologia digitale accompagnata da musica contemporanea all’artista. Se in un museo tradizionale si cammina e si osserva stando fuori la cornice, qui ci si tuffa dentro.

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Scena 3. Vi piace l’arte di Bansky? Vi piacciono gli omini di Haring? Provate Exit. Non mi aspetto lo conosciate ancora, ma in Toscana è già sulla bocca di parecchi. Fatevi un giro tra via Borgo Santi Apostoli e Via Lambertesca, solo per citare due passaggi tra le mete segnalate sopra. Noterete degli omini con dei cuori rossi e le scritte Lost, Free ed Exit. Ecco, il bello di Firenze passa anche da lì e suggerisce una passeggiata urbana tra il passato prestigioso e un presente che incuriosisce.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

 

Le iene: amarsi oltre la morte

Quando scrivi un documentario cerchi di limitare al massimo le contaminazioni per riportare nel più fedele dei modi la realtà. Il servizio delle Iene Amarsi oltre la morte trasmesso il 19 febbraio non è un documentario, ma mi piace pensare che lo sia. Racconta l’amore scevro da ogni costruzione intromettendosi in una storia e aggiungendo qualcosa. La Iena è partita dal messaggio di una persona che, prossima al decesso, voleva che al suo compagno fossero riconosciuti i diritti equiparabili a quelli di due persone sposate. Quei minuti di interviste incrociate e di confessionali hanno toccato il cuore di parecchi italiani. Dimostrano soprattutto che, se una legge può essere sbagliata, anche l’assenza di una legge può essere sbagliata.

Il servizio accenna anche al contratto di convivenza, un palliativo che comunque offre almeno un primo grado di tutela. A monte di tutto però c’è la storia che ti sbatte in faccia una delle molte situazioni in essere quando due individui non sono legati in matrimonio. Badate che è del tutto marginale che qui siano raccontate due persone dello stesso sesso, una delle quali purtroppo viva ora solo nei ricordi di chi l’ha amata. Sfido chiunque, di qualsiasi credo religioso o visione politica, a non trovare negli sguardi dei due protagonisti un’ottima ragione a varare una legge la cui assenza continua a rimanere una grande ingiustizia. Il capo del governo aveva fatto delle promesse precise, il suo vice ha vietato però le trascrizioni dei matrimoni contratti all’estero, poi vedo in tv servizi come quello sopra. Mi manca davvero qualche pezzo per fare dell’Italia il paese che vorrei.

Questo articolo, pubblicato anche sull’Huffington Post, è dedicato a Walter ed Ema. Walter era di Monza, come chi scrive. Un motivo in più, ne servisse uno, per sentirlo vicino.

Le isole volanti di Avatar, con i kokedama il bosco in casa tua

Quando vidi Avatar la prima volta, più di tutto mi impressionarono le isole galleggianti. Nel favolone hollywoodiano, trama ed effetti non mi lasciarono a bocca aperta come l’idea delle bolle boscose sospese nel vuoto e dalle quali gocciolavano cascate. Pur in scala ridotta, mi ha fatto più o meno lo stesso effetto vedere in casa di un amica dei kokedama. Ignoranza mia, non li conoscevo. Sono delle appendici verdi, arbustive o floreali, che possono vivere appese a un filo o isolate su una superficie piana. Non ne scrivo per un rigurgito bricomaniaco, ma per passione del verde.

Amo gli alberi e non sono tra quelli che ritengono i bonsai una forzatura della natura. Penso anzi che, accudire uno o più di loro, sia un po’ come farsi un bosco proprio, solo in miniatura e in proporzioni domestiche. Un kokedama, mi hanno spiegato, è molto più facile da preparare e da accudire. Ha poi lo stesso effetto di abbellimento, portando atmosfere zen a un angolo di casa o di ufficio. A Milano esiste anche un corso che è tenuto in un negozio di biciclette. Non dite che è un caso, perché chi ama pedalare, apprezza i boschi. Provate a pensarci.

Siamo nel pieno dell’inverno, dunque ancora in anticipo per orti, giardini e pedalate fuori porta. Ma non abbastanza presto per dedicarci ad una pianta e ancora di più per conferirle un aspetto molto personale. Anticipo di primavera? Forse. Intanto mettere naso e occhi nel verde può perfino essere un ottimo antidepressivo. Lavorare con le piante riesce a creare piccoli miracoli, che in questo caso durano nel tempo lasciandoci cose belle. Proprio come una sana pedalata, sono piccoli effetti speciali quotidiani per i quali non serve Hollywood.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

A Genova per la Shoah con Bent

Sul Secolo XIX  e Repubblica, la prima del Bent di Sherman a Genova con il prologo de L’ultima onda del lago. La messa in scena della compagnia Cervelli in tempesta  è notevole e personalmente sono davvero  onorato per l’accostamento.

La serata ha aperto la rassegna Occhiali d’Oro, dedicata alla memoria delle persecuzioni omosessuali. Non ri ricorda mai abbastanza…

Mattarella e La Cava, le pagine di un presidente

Mattarella è un presidente che, a mio parere, è partito col piede giusto. Di lui stiamo leggendo un po’ di tutto e forse iniziamo ad averne le orecchie piene. Vorrei, però, concentrarmi solo per un attimo su un suo gesto perché, se il buongiorno si vede dal mattino, penso che da questa figura possiamo aspettarci molto. Un capo di Stato che comincia dalle Fosse Ardeatine non è solo un uomo che rende omaggio a un eccidio. E’ il segnale che proprio partendo dalla nostra storia bisogna guardare avanti. Non sono le Fosse in quanto tali, mai abbastanza ricordate, ma il gesto del visitarle come primo atto. Sostituiamo pure storia con cultura, tradizioni, eventi che ci hanno segnato, mettete quello che volete ma posso quasi sapere solo il minimo indispensabile di Mattarella per mettere il primo like. Il suo si chiama “rispetto”.

Mi viene in mente una frase di Marguerite Yourcenar:

Fondare biblioteche è un po’ come costruire ancora granai pubblici: ammassare riserve contro l’inverno dello spirito.

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Per quanto mi riguarda, l’essersi infilato in quella cavità maledetta fa di Mattarella uno che le pagine scritte, piacciano o non piacciano, le legge, le rispetta, le porta con sé. Vedo le Fosse Ardeatine come una biblioteca con 335 storie urlate e spezzate. Con la visita delle scorse ore, sono state raccolte, spolverate e ordinate su uno scaffale e ritornate ad essere davvero un monito contro l’inverno dello spirito.

Trovo un certo parallelismo con un altro uomo, affatto famoso, forse meno titolato, forse senza calcolo politico – non so se Mattarella ne abbia ma qui non mi interessa – forse che non ha subito quello che la vita ha già riservato al neo presidente. Sicuramente è uno che non conoscerà né i riflettori della cronaca, né i saloni pomposi di Roma. Si chiama Antonio La Cava e ha perfino una fan page di facebook che lo acclama presidente della Repubblica. Antonio è un maestro elementare che, dopo 42 anni di servizio, anziché godersi la pensione in santa pace, ha preso un apecar e lo ha trasformato in biblioteca ambulante. Avete letto bene. Gira con il suo biblioautocarro tra i paesini della Lucania a trasmettere la passione per i libri e le storie. 500 chilometri al mese sono davvero tanti e sono quelli che macina tra le piazze annunciandosi al suono di un organetto.

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Ecco, forse, la chiave di tutto. Passione. Grazie Sergio, Grazie Antonio, vecchie pagine e vecchie piazze vi aspettano per essere rinfrescate dal vostro rispetto. Son pronto a scommettere che non ci deluderete.

Post scriptum. Mentre sto per chiudere il pezzo, apprendo che oggi (domenica) il Presidente, quello che sta a Roma, ha scelto di spostarsi a piedi nel centro per rispettare il blocco del traffico come tutti gli altri cittadini. L’esempio scende dall’alto e io gli appioppo subito un altro like.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

L’Altro Martedì – 27 gennaio 2015

L'Altro Martedì
L'Altro Martedì
L'Altro Martedì - 27 gennaio 2015
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L’Altro Martedì 27 gennaio dalle ore 21.00 alle ore 22.00

Cinema indipendente: le Ragazze del Porno, 10 registe per raccontare il desiderio femminile attraverso corti d’autore, presentano il loro progetto e i loro prossimi appuntamenti. Intervista a Titta del collettivo RDP.

Viaggi: Stefano Paolo Giussani, giornalista e scrittore, presenta “Departure Gay(t)- Dublino ” la rubrica che ci farà immergere in luoghi tra Italia ed Europa dove ospitalità, gusti, cultura e paesaggio possono diventare persino eterofriendly.

Ascolta il podcast!

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L’Altro Martedì – 30 dicembre 2014

L'Altro Martedì
L'Altro Martedì
L'Altro Martedì - 30 dicembre 2014
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L’Altro Martedì 30 dicembre dalle ore 21.00 alle ore 22.30

Per la penultima notte dell’anno l’Altro Martedì con Eleonora Dall’Ovo e Stefano Paolo Giussani vi terranno compagnia fino alle 22:30 con un riassunto delle notizie più importanti per il mondo LGBT.

Departure Gay(t), invece, ci accompagnerà nelle coloratissime vie della Costa Azzurra per un capodanno strepitoso. Non dimenticare di scaricare gratuitamente la guida Gay della zona.

Cerchi idee per il prossimo viaggio tra Nizza e Cannes? Scarica il podcast, il Departure Gay(t) di Radio Popolare è sempre aperto 😉 .

 

Il ritorno alla campagna, come lo vedi?

Negli Usa c’è una rivista che sta riscuotendo un successo inaspettato. Non parla di smartphone, non fa gossip, non pretende di vendere felicità in pacchetti simil-zen. Racconta piuttosto del ritorno alla campagna e si rivolge a quelli che avvertono il richiamo della terra senza l’angolazione degli agriturismi visti da bordo piscina o le vigne con cantina disegnata dall’archistar di turno.

La rivista, che è anche un sito, punta anche all’home-farming rivelando le soddisfazioni del farsi (e coltivarsi) le cose da soli. Poi c’è chi esprime una scelta ancora più radicale e all’opzione del ritorno alla campagna e all’autoproduzione aggiunge l’impegno di farne una professione. Questi sono, secondo me, un po’ degli eroi. Ne ha descritti alcuni Alessandro Cannavò in un suo pezzo. La lucidità del giornalista, che è anche un camminatore e un amante della natura, non nasconde che per scegliere la campagna a 360° devi farti un c… così. Perdonate la forza del termine, ma un conto è fare un aperitivo green sull’aia al tramonto. Altra cosa è alzarsi a mungere prima dell’alba, scrutare il cielo per la pioggia, che non sia troppa o troppo poca, spalare letame e scommettere che il raccolto andrà bene.

Solo se avanza tempo, c’è l’opzione di unire l’utile al dilettevole e organizzare giri a dorso di mulo per far scoprire il proprio territorio a chi ne è attratto. È il caso di Roberta Ferraris. Ci ha scritto un libro e ne trovate alcuni passaggi in rete. Ha uno stile che smorza subito le illusioni pur fornendo una lista di luoghi che non aspettano altro che essere ripopolati. Ne cito alcuni dalle sue pagine, casomai voleste covare l’idea.

Carta geografica alla mano, ecco le nuove frontiere da ripopolare. Tutto il crinale dell’Appennino settentrionale, con punte estreme di abbandono nell’area nota come “Quattro Province”, dove si incontrano le province di Genova, Alessandria, Pavia, Piacenza. L’entroterra montano delle province di Savona e Imperia. Le valli di Cuneo e di Torino. L’alta Langa. Vaste zone della val d’Ossola e della Valsesia. Le Alpi Orobie in Lombardia, tra la Valtellina, Bergamo e Brescia. L’alta Carnia, le Dolomiti bellunesi e vaste zone delle province di Pordenone e Belluno. Sorprendentemente, buona parte dei comuni rivieraschi lungo l’asta fluviale del Po, e soprattutto nelle province di Rovigo e Ferrara. Le zone interne dell’Appennino tosco-emilianoromagnolo, inclusi i comuni interni di Lunigiana e Garfagnana sulle Alpi Apuane. Molti comuni appenninici delle Marche, dell’Umbria, del Lazio, dell’Abruzzo. Tutto l’Appennino meridionale. Le aree interne montane di Sicilia e Sardegna.

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Nessun incanto nelle sue parole. Semmai accenna la riscoperta di certi valori pur smorzando le visioni idilliache. Chiarisce che un vegano non può essere un montanaro, ma un attimo dopo afferma che nelle Langhe lei sceglie di usare gli asini per dissodare. Ma nel 2015 non sarebbe meglio un trattore? No, comprime troppo il terreno. Certe scelte sono pura filosofia. A chi crede che i pionieri sono degli illusi, rispondo che dovrebbero conoscere Roberta. Di illusi così, ne ha tanto bisogno il mondo.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Super navi da crociera ancora in laguna a Venezia.

Le super navi da crociera potranno avvicinare di nuovo  Venezia. Il Tar ha annullato il limite al passaggio dei supercondomini galleggianti nel canale della Giudecca. Gli schieramenti bipartisan, le foto di Berengo Gardin, gli sguardi attoniti dei turisti che vedevano scorrere palazzi di 15 piani sfiorando piazza San Marco non sono bastati.

I giudici hanno ritenuto che la mancanza di una via di transito alternativa e la mancanza di una comprovata informativa sui danni reali fossero motivi sufficienti al nuovo semaforo verde. Ora, capisco le ragionevolissime questioni legate al sostegno del turismo, ma credo sia opportuno domandare qualche spiegazione ai giudici del Tar.

Secondo voi è sensato accostare alle architetture veneziane questi carrozzoni da vacanza industriale? Sicuri che i croceristi destinati ad un ormeggio in un porto limitrofo non sarebbero comunque attratti dalla perla della laguna?

Dimenticandoci per un attimo dell’impatto visivo, avete presente che massa d’acqua spostano questi colossi nel loro movimento a poche decine di metri dalle già precarie fondamenta?

Il taglio del traffico stabilito dai precedenti decreti era pur minimo (12,5%), ma era un chiaro segnale. Perché ignorarlo? Sinceramente: piazzereste un supercondominio di fronte al Colosseo o uno stadio in ferro a fianco alla torre di Pisa?

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.