Catastrofi: dobbiamo imparare cos’è un medicane

Si leggono contemporaneamente di catastrofici effetti sul clima portati agli estremi delle alte temperature o di imminenti glaciazioni. Il denominatore comune tra le due teorie è il disastroso effetto che sta modificando il modello climatico, probabilmente influenzato anche dalle attività umane.

Entrambe le previsioni condividono previsioni affatto ottimistiche per l’area del Mediterraneo. Filippo Giorgi, unico scienziato italiano presente nell’organo esecutivo del Comitato Intergovernativo per i Cambiamenti Climatici (IPCC) oltre che vincitore del Premio Nobel per la pace 2007 insieme ad Al Gore, in una intervista su Vanity Fair si esprime anche alla luce dei recenti eventi che hanno sconvolto la Sardegna chiarendo che le popolazioni del Mare Nostrum dovranno familiarizzare prima possibile con il neologismo “medicane”, composto da Mediterraneo e hurricane (uragano in inglese).

Non aumentano la frequenza degli eventi, sostengono all’IPCC, ma la loro intensità. Non pensiamolo come a un problema lontano, perché i modelli di studio affermano che le zone più esposte alle formazioni e eventi di portata catastrofica per entità delle precipitazioni sono entrambe in Italia, precisamente nel Golfo di Genova e in Sicilia.

Ci sono due aspetti positivi, se vogliamo coglierli, per le azioni di rimedio del futuro. Il primo, macroeconomico, è che secondo Giorgi non siamo al punto di non ritorno. Se riusciremo a contenere le emissioni di CO2 e di gas serra in atmosfera riusciremo a contenere anche l’aumento del 2% della temperature, ma dobbiamo agire presto, non oltre il 2050.

Il secondo, di carattere ambientale, concerne il dissesto idrogeologico che in Italia è un cancro di cui troppi amministratori si sono disinteressati benché responsabili. Possiamo agire sulla certezza della pena e sull’obbligo di ripristino con sanzioni anche pecuniarie che dovrebbero essere un disincentivo concreto per chi, dietro scrivanie importanti, deve riflettere prima di apporre firme di comodo su edifici e opere inutili. Licenziare qualcuno in tronco e mandarlo a spalare fango non sarebbe una cattiva mossa. I morti, purtroppo non li ripaga nessuno, ma sapere che almeno qualcuno ha pagato limiterebbe (forse) prossimi disastri.

480 km con un pieno e dal tubo solo acqua

Toyota sta per iniziare a commercializzare un veicolo ibrido con celle a combustibile. Non è nuova la tecnologia, è solo che ora è stata industrializzata e messa a disposizione di chi se lo potrà permettere. Le autorità californiane stanno attrezzandosi per lo sviluppo della rete distributiva di idrogeno: 4 minuti di pieno e il veicolo sarà in grado di percorrere quasi 500 km emettendo al tubo di scappamento solo acqua.
A quando e a quali costi sulle nostre strade?

La strage delle formiche colate vive

Strano a dirsi, ma esistono persone che per ottenere i propri risultati non badano a distruggere intere colonie di esseri viventi. Elefanti o formiche, credo che poco importi. Nella fattispecie, il soggetto si definisce artista e non esita a piazzare su ebay i propri prodotti, cioè sculture simili a bonsai realizzate colando alluminio fuso nelle colonie di formiche.

Nessuna specifica se le colonie fossero abbandonate. Quel che preoccupa e infastidisce è che il video è comunque stato visto, alla data odierna da quasi 23 milioni di persone. Il risultato? Un triste alberello che ogni volta che lo guardi non può farti pensare da dove arriva.

La danza delle mucche felici

Prima che qualcuno inizi a scaldarsi con un “ecco il solito animalista rompiscatole” premetto che non sono vegetariano e, pur senza abusarne, mi piace mangiare carne.

Detto questo, circola in rete un filmato che dimostra che gli animali, perfino quelli destinati alla nutrizione umana, hanno diritto ad essere felici durante la loro vita e riescono a dimostrarlo. Basta guardare queste mucche. Erano destinate al macello dopo qualche anno di vita di stalla. Il fattore, spinto dalla richiesta del figlio, rinuncia alla scelta del macello per restituire la libertà in un prato. Il risultato: le mucche si sono messe a danzare dalla felicità. Le immagini sono davvero eloquenti. La scelta può essere applicata a polli, conigli, maiali. La carne è già un pesantissimo costo ecologico che richiede quantità di risorse esagerate rispetto ad altre tipologie di alimenti. Ci vuole un chilo di proteine vegetali per avere 60 grammi di proteine animali. Non solo: “per produrre una bistecca che fornisce 500 calorie”, spiegano gli autori di Assalto al pianeta (Bollati Boringhieri), “il manzo deve ricavare 5 mila calorie. Il che vuol dire mangiare una quantità d’erba che ne contenga 50 mila. Solo un centesimo di quest’energia arriva al nostro organismo: il 99% viene dissipata” La responsabilizzazione nel consumo passa dal non abusarne e, dopo filmati come questo, anche dall’accertarsi che l’animale abbia almeno avuto una esistenza felice.

Naturale o programmata, ecco la neve

Arriva la neve, ma non sempre è sufficiente a permettere di preparare le piste come ogni sciatore desidera. Spesso è un problema di scarse precipitazioni, spesso di alte temperature che obbligano a integrare la neve naturale con quella programmata. Sottolineo il termine programmata perché è improprio usare il termine artificiale, in quanto la neve è neve, semmai si discrimina se a rimpolpare il manto nevoso sono le precipitazioni meteo o la pianificazione umana. Questo anche per sfatare il mito che la neve sparata dai cannoni sia addizionata con componenti chimiche di sintesi.

L’ecologia di una stazione sciistica si misura semmai con altri parametri. Premesso che la montagna degli impianti non è mai completamente green, almeno non tanto quanto vorremmo, si possono leggere pochi, essenziali segnali per capire quanto è limitato l’impatto di una stazione sciistica.

Il primo grosso elemento grigio che sporca la neve è la mobilità. Sì, auto e mezzi privati non aiutano l’ambiente. Piuttosto è utile pensare all’integrazione con i mezzi pubblici, come già avviene ad esempio a Pila (Valle d’Aosta) e a Plan de Corones (Alto Adige Südtirol), dove una stazione ferroviaria è creata apposta per gli sciatori e integrata con la partenza dello skilift.

Poi svolge un ruolo importante l’energia. Per sparare la neve coi cannoni serve corrente per il cannone e per pompare acqua in quota. La corrente è davvero pulita se è prodotta con impianti da fonti rinnovabili (in montagna l’idroelettrico) e il pompaggio è davvero ecologico se limitato all’indispensabile accumulando in quota acqua nei bacini, riempiti in momenti di grandi precipitazioni come la primavera e l’autunno.

Poi fanno la differenza tanti piccoli accorgimenti. Qualche esempio? Il fare in modo che la gestione dei rifugi in quota sia attenta ai temi del riciclo dei rifiuti e del chilometro zero. Tanto per fare un esempio, è poco avveduto chiedere del pesce di mare in rifugio o ordinare la Sanpellegrino sul Terminillo. Sul tema dell’acqua in particolare è bene ricordare che siamo in montagna e non è detto che l’acqua del rubinetto non sia migliore di quella che vi servono in bottiglia.
Un altro spunto arriva dai gatti delle nevi. I più recenti sono catalizzati e alcuni sono addirittura ibridi. Se in una stazione il parco mezzi è aggiornato, è un indice di sicura attenzione all’ambiente.

L’integrazione degli impianti tra i versanti di una montagna o tra più valli, è un valore aggiunto. In Italia esistono buoni comprensori. Quello eccellente che ci invidiano in tutto il mondo è sicuramente il Dolomiti Superski. Spalmato su Alto Adige, Veneto e Trentino permette di dimenticarsi della macchina e muoversi come se gli sci o la snowboard fossero il solo mezzo di collegamento.

A titolo personale, considero deleterio e da scoraggiare l’eliski, per questo diffido dalle stazioni sciistiche che lo propongono. Un elicottero inquina come un gruppo di autobus, disturba la quiete da molti chilometri e spesso porta degli scellerati a quote dove gli sci non dovrebbero neppure arrivare. Si sa, però, che gli esibizionisti sono sempre pronti a farsi notare, per questo li terrei lontano da certe idee sanzionandoli pesantemente.

Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.

Storie di vittorie e rivincite… e fai del bene scaricandole

Parte con il piede giusto il 2014 se si pensa alle storie di chi, scommettendo su se stesso e impegnandosi, ce l’ha fatta. Con il promettente titolo “Passioni per il 2014”, ecco lo speciale del Corriere scaricabile gratuitamente in queste ore. Un dettaglio di ulteriore positività: ad ogni downlolad, saranno destinati 50 centesimi per iniziative solidali.
Il messaggio di Ferruccio de Bortoli dedicato ai paladini del riscatto italiano:

Cronache dalla Terra degli orsi

Questo blog compie un anno.
Nato quasi per gioco, alimentato dalla passione, speranzoso di essere un po’ utile, sono trascorsi 365 giorni e oltre 27 mila pagine viste. Nessuna illusione: ci sono colossi con cui è impossibile competere per i numeri e la visibilità, ma non interessano i termini di paragone se chi legge aggiunge qualità a quello che è scritto. E sinceramente so che chi ha letto qui, ha quelle qualità che hanno aggiunto valore.
Quindi grazie. Grazie con una novità.
Ho deciso di cambiare nome. E’ da un po’ che ci pensavo. Non che l’ecoista non andasse bene. Un nome così ha il pregio di rendere con immediatezza la vocazione di chi scrive. Però ha il peso di trasmettere l’idea di qualcosa o qualcuno dalle posizioni un po’ estremiste. Piuttosto, fin dal  secondo post con lo strepitoso pezzo di Benni su Calcolino e la punizione extraterrestre, mi piace pensare a un comportamento ecologico praticabile da tutti come se guardassimo la nostra Terra da un luogo lontano, rendendoci conto che una bolla azzurra con foreste, cascate, città d’arte, culture antiche va presa per quello che è: un paradiso. Non importa se il punto di osservazione è sulla Terra stessa, magari in una foresta, su una montagna o in un golfo lontano, quel minimo di distacco ci fa capire che è sbagliato ogni comportamento che non lascia risorse a chi viene dopo, ogni pregiudizio che compromette la serenità di una esistenza pacifica, ogni gesto che lascia dietro di sé una traccia di rovina anziché un lieve passaggio di testimonianza responsabile.
Mi piace allora pensare di essere sulla mia montagna, tra gli orsi, e ascoltare le notizie che arrivano dal basso con la necessaria distanza per poter riconoscere quel che è giusto e quel che invece va migliorato. Senza estremismi.
Dalla terra degli orsi, il riferimento è sospeso tra Buzzati e il post “il giorno in cui sono morto un po’ “,  sarà interessante ascoltare le cronache di quel che succede fuori dal bosco, raccontando le cose belle e quelle meno belle con la certezza tutto è migliorabile.
Buon 2014.

Te lo regalo se vieni a prenderlo!

Natale e la montagna di regali che si muove di mano in mano è l’occasione di punta per una presa di coscienza: molte della cose che ci circondano ci sono inutili. 



Regali sbagliati o doppioni aumentano il volume delle cose che da noi richiamano polvere, quando magari a qualcun altro potrebbero fare un gran comodo. Ecco dunque la pagina di facebook Te lo regalo se vieni prenderlo



Credo basti l’incipit per essere evidenziata in questo blog.

 Tutti possiamo essere una risorsa per gli altri»

Parola di Salvatore Benvenuto, fondatore di un’idea (dalla portata del successo la definirei più un’ideona) per rimettere in circolo oggetti per noi ormai inutili ma che a qualcuno potrebbero fare comodo. 
Dal divano al ferro da stiro, lo scopo di questo gruppo é quello di REGALARE oggetti che possono essere riutilizzati.Il fine é quello di diminuire l’inquinamento evitando le discariche; dove spesso si trovano oggetti funzionanti o ancora in ottimo stato. 

«ABBRACCIAMO IL PRINCIPIO DELLA COLLABORAZIONE E DELLA BUONA FEDE, stiamo collaborando per favorire uno sviluppo sostenibile (ambientale, sociale ed economico)»,

sostengono gli amministratori delle pagine, che hanno un frazionamento regionale e comprendono anche il Canton Ticino, da cui è partita l’idea.
L’unica raccomandazione è quella di leggere con attenzione gli accordi del gruppo.


L’albero di Natale che sarà un piacere smontare

Sul piazzale del Palazzo delle Arti di Budapest c’è un albero di Natale alto 11 metri. La notizia non desta stupore a dicembre, quel che è curioso è però che l’originale forma conica è in realtà composta da 365 slitte da neve e permetterà a un po’ di bambini di divertirsi appena la costruzione sarà smantellata. I fruitori che riceveranno gratuitamente le componenti dell’albero sono gli ospiti del programma di assistenza SOS Children’s Village.

La costruzione sulle rive del Danubio ha richiesto qualche giorno di pazienza di un team di operai che hanno anche installato un suggestivo sistema di illuminazione.

La parte eco della notizia è che gli alberi che hanno fornito il legno delle slitte, provenienti da foreste certificate a ripiantumazione programmata, è stato lavorato prima di diventare l’originale simbolo delle festività di fine anno e che ogni componente è già pronto per essere riciclato. Per i bambini interessati, smontare l’albero di Natale non è mai stato così piacevole.