Esilarante il trailer del nuovo film Disney, tutto da gustare. Ambiente naturale e personaggi sono anche un divertente inno all’inverno.
Babbo Natale, qui c’è.
Babbo Natale esiste, i bambini lo testimoniano.
Auguri con un orsetto
I cinque sensi del mare in inverno
Avete mai pensato a scegliere di trascorrere il Natale non nella ovvia montagna ma tra i colori e i profumi di una terra abbracciata dal mare? Sono reduce con la collega Debora Bergaglio da un entusiasmante giro in Salento. Tra presepi, buona cucina, ottimi vini e il profumo del Mediterraneo, garantisco di non aver sentito neppure per un attimo la nostalgia della folla sulle piste da sci.
VISTA: luce, onde e città messapiche
Sarà che siamo nel punto più orientale della penisola, sarà che in Salento si abbracciano e si fondono i due mari, l’Adriatico e lo Ionio, ma percepisco una luce intensa e trasparente che ci accompagna durante tutto il viaggio. L’arrivo nel piccolo borgo di Vignacastrisi, nel Comune di Ortelle, a pochi chilometri daCastro, meravigliosa località a picco sul mare, è accompagnato da un chiarore rilassante, destinato tuttavia a tramontare presto, rispetto al resto d’Italia.
Il nostro Tour lungo il mare, costeggiando le spiagge più belle d’Italia, è accompagnato da questa luce che illumina e accende la bellezza di località come S. Cesarea Terme, Torre dell’Orso e S. Foca sulla costa adriatica, e Porto Cesareo su quella ionica.
Ulivi e vitigni, vitigni e ulivi, e poi il mare. Il territorio salentino offre una grande varietà di sensazioni olfattive. Prima fra tutte, quella del pregiato vino locale, ilNegroamaro, coltivato soprattutto nel territorio di Guagnano, dove la principale attività è la viticoltura. Qui si trovano cantine che esportano in tutto il mondo, come l’azienda Leone de Castris, pioniera dei vini salentini nel mondo, quest’anno premiata per i primi 70 anni del Five Roses, il primo vino del Salento ad essere esportato negli Stati Uniti.
GUSTO: dal sapore intenso delle olive spremute alla cucina contadina del Salento
Immense distese di ulivi secolari e muretti a secco, con reti allargate sui prati compongono la tela del territorio salentino. Con forme contorte e tenui sfumature del verde raccontano il sacrificio di chi lavora la terra e produce un olio apprezzato in tutto il Paese.
E in alcune aziende è possibile assistere alle fasi della lavorazione e poi degustare e acquistare il prodotto negli spacci aziendale. Moltissimi anche gli agriturismi e le locande sparse in tutti i borghi dell’entroterra, da Vignacastrisi a Guagnano, da Oria a Novoli, in cui assaporare una buona cucina contadina, semplice, fatta di ortaggi, carni e pesce, tra cui spiccano piatti tradizionali come le orecchiette e la tipica massa, e poi prodotti che non mancano mai come le fave, la cicoria, il finocchietto, talvolta anche la carne di cavallo. E per finire il dolcezza un buon pasticciotto, il caffè invece si prende al mare, come si usa fra gli abitanti di queste zone.
UDITO: il crepitio del fuoco, il ritmo delle feste
C’è un’espressione molto calzante per sintetizzare le tradizioni più antiche del luogo. Il “fuoco buono di Puglia, messaggero di pace nel mondo”, ovvero una fra le più vive tradizioni del Mediterraneo, simbolo di incontro fra popoli, religioni e culture attorno al fuoco.
TATTO: l’abbraccio dell’ospitalità, le tecniche artigianali dei presepi
Passione è il sentimento che si avverte a pelle, arrivando in Salento. Quella passione che splende negli occhi fieri dei suoi abitanti, legati alla loro terra, ai suoi frutti, alle loro attività. Accoglienza è la sensazione che si percepisce dai modi gentili dei proprietari delle strutture ricettive, dai B&B alle dimore, che considerano il turista non già come un cliente, bensì come un ospite.
Arte e maestria sono gli aspetti che contraddistinguono e mantengono in vita gli eventi legati alla tradizione, come gli straordinari presepi viventi che coinvolgono larga parte della popolazione locale, impegnata a far rivivere mestieri antichi e tecniche di lavorazione ormai dimenticate.
Il gasdotto sotto la bandiera blu
Melendugno, un angolo di Salento dove il mare ricama tra le scogliere strisce di sabbia dall’acqua cristallina, il depuratore non scarica in mare i reflui ma utilizza la fitodepurazione in zone umide interne in cui fanno tappa gli stormi migratori, la pineta lambisce il paese sul quale sventola la bandiera blu facendone una perla del turismo pugliese. Bello vero?
Ora resettate. Melendugno, terminale costiero di arrivo del gasdotto intercontinentale TAP (Trans Adriatic Pipeline), di cui sono iniziati proprio ieri i sondaggi. Bel cambio di prospettiva, non trovate?
La società incaricata dichiara che tutto il processo ha seguito l’iter burocratico previsto. E ha ragione. Ma siamo sicuri che valga la pena sconvolgere per qualche anno il tratto di costa, costruire la struttura (anche se, garantiscono dalla società, avrà un basso impatto) e fare di un pezzo di Salento un terminale per risorse energetiche non rinnovabili provenienti dal Mar Caspio e dirette poi verso l’Austria (l’hub di distribuzione del gas è oltralpe) ?
La maggioranza dei sindaci si schiera a fianco al comitato NO-TAP e ha commissionato un’indagine a personale tecnico competente in materia. Ho potuto intervistare uno dei componenti della commissione.
«Ci sono diverse ragioni che dovrebbero scoraggiare l’approdo del gasdotto qui – sostiene l’ingegner Alessandro Manuelli – Dal punto di vista morfologico, la scarpata marina che fronteggia la costa obbliga l’aumento della pressione del gas nella condotta il cui diametro sarà di un metro. La zona è ricca di Poseidonia alla base della catena alimentare marina. L’area è ad elevato rischio sismico. Non bastasse: non è stato stilato nessun piano dei rischi né un albero delle conseguenze in caso di incidente.»
Rincara la dose il comitato NO-TAP, nel quale affermano che, stando ai piani pubblici visionati, sarà sbancata un’area di pineta e parecchie centinaia di olivi secolari per nascondere sotto terra il danno ambientale di una condotta. Come dire: per non farmi un danno alla mano, me la taglio. Il problema è la sfumatura decisionale che passa dal NO secco locale all’approvazione romana dell’opera, definita “strategica”. In molti, nel Salento, si domandano peraltro come mai i sondaggi di compatibilità si effettuino solo ora, a progetto presentato. Le perplessità ci sono anche sul piano socio-economico.
«Non possiamo venderci oggi il futuro dei nostri figli – dichiara la giornalista Carmen Mancarella – qui c’è gente che vive di turismo e in molti hanno scelto di non emigrare per investire nella nostra terra, farne un mestiere per portare qui gente e condividerne la fortuna di un ambiente con tutti i numeri per fare turismo di qualità. Non voglio andare a fare la cameriera in Australia dopo che mi sono battuta per promuovere la mia regione sperando di costruire un futuro per Salvatore, Carlo e Giuseppe, i miei figli».
Signori politici di Roma e signori Tap, in un’epoca dove si punta sulle fonti energetiche rinnovabili, non posso non condividere questa posizione.
Siamo sinceri: andreste mai al mare in un posto sul cui depliant ci fosse scritto “mare blu, scogliere suggestive, campagne con ulivi secolari e un nuovissimo gasdotto intercontinentale”? Piuttosto, senza estremismi: poco più a nord verso Brindisi c’è una centrale a carbon fossile. Non si potrebbe variare di qualche grado l’inclinazione del gasdotto nel punto in cui si immerge in Albania e farlo spuntare là dove si potrebbe sostituire il carbone col gas e trasportare poi energia anziché combustibile? E poi, in ogni caso, mi piacerebbe dare un’occhiata all’analisi costi benefici, per capire anche quanto costa il tutto e quali saranno i vantaggi reali.
Se mi domando chi a Roma ha analizzato l’opera, temo di conoscere la risposta. Signori, una preghiera, prima di ogni futura decisione, fatevi un giro in Salento. Sono certo che vi basterà affacciarvi alla scogliera per capire tutto.
Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.
La notte dei diavoli e l’acqua santa
Tra le suggestive tradizioni dell’Avvento, ce n’è una estranea al buonismo prenatalizio, agli angioletti nei presepi e agli zampognari. Riguarda il diavolo, anzi i diavoli. In molte valli alpine è consuetudine che in certi momenti dell’anno, specie verso la fine, alcuni dei paesani si travestano per portare il terrore nelle vie. Dalle Alpi Bavaresi al Friuli e alla Slovenia, tra le montagne echeggiano campanacci, l’odore delle pelli dei caproni è forte e le urla rompono il silenzio dei campi mentre i fuochi illuminano maschere che mettono spavento non solo ai bambini.
In Alto Adige, quasi in ogni paese, nella notte precedente San Nicola, i giovani e le giovani non sposate, si coprono di pelli e corna per camminare tra le strade e molestare i malcapitati che si trovano a incrociare il loro cammino. È la notte dei krampus, ossia dei diavoli. La collocazione temporale dicembrina, in realtà, non è tanto legata all’avvento, quanto ai riti pagani dell’addio al buio per salutare il ritorno della luce con l’allungamento delle giornate. Due mostre, a Bolzano e a San Candido, raccontano questa tradizione attraverso le maschere più caratteristiche.
In sostanza si tratta di uno di quei riti legati ai ritmi della natura che l’uomo non ha dimenticato e che in regioni ancora rurali riesce a sposare la tradizione e il folklore con uno spettacolo che almeno una volta nella vita va vissuto. Meglio se poi ci si infila in una delle osterie che alla tradizione contadina dei krampus sono ben legate, anche perché fanno scoprire che concetti come chilometro zero e sostenibilità delle culture non sono un’affermazione di marketing o la moda del momento.
Come dire che nel momento in cui tutti si sentono più buoni, i diavoli e qualche peccatuccio (di gola) sono ben accetti.
Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post. Grazie ad Alessio Ciani per le foto.
Il cucciolo di babbuino e il giovane leopardo
A volte la legge della natura andrebbe riscritta, o quanto meno meriterebbe l’aggiunta di capoversi tipo “se una creatura è indifesa va protetta senza condizioni”.
Le immagini del documentario sono eloquenti, potremmo fermarci a queste. La storia completa, però induce altre riflessioni, rendendo l’episodio indimenticabile.
Questo argomento è stato segnalato da Alessio Ciani.
Urina nel serbatoio, adittivo del futuro
Arriva dalla Sardegna un’idea che tutti possiamo avere tra le mani. Anzi in corpo. L’urina è adatta ad alimentare i motori. Nel corso di un convegno di Legambiente tenutosi ad Alghero, Franco Lisci, progettista e ricercatore con un passato alla Fiat, ha spiegato che non siamo lontani da un futuro dove la dipendenza dalla benzina sarà ridotta grazie alla pipì.
«L’urina è un’energia pulita, ricavata senza impiego di petrolchimici, biomasse, senza produrre gas e, considerate le minime dimensioni dell’impianto, senza consumo di suolo. L’energia prodotta dall’impianto a urina sarebbe adatta anche per i motori di automobili, camion e barche che potrebbero usare soltanto urina pura al posto della benzina o di altri carburanti – afferma l’imprenditore sardo – tuttavia per lo Stato italiano questo uso è illegale, mentre è consentito l’uso di additivi, così abbiamo realizzato dei trasformatori che consentono di mettere l’urina nel motore delle automobili anche parzialmente.»
I risultati sono molto incoraggianti. Il risparmio su un’auto a benzina è del 35 per cento, su un’auto a gasolio del 60, mentre sulle auto a gas arriverebbe all’80 per cento.
La sostenibilità dell’idea è accentuata dall’utilizzo di filtri a base di lana grezza, risorsa naturale e abbondante nel Medio Campidano della nostra isola maggiore.
Ora i casi sono due: o questa è l’idea del secolo e Il Signor Lisci sta per diventare una celebrità, o ce lo troveremo a breve implicato come protagonista in un caso di spionaggio dove i signori del petrolio si saranno attivati per ibernarlo a nostra insaputa da qualche parte. Noi tutti tifiamo per il nostro scienziato.
3 minuti in pausa pranzo: Non serve sapere il russo per questo video
Una serie di testimonianze commuoventi per la solidarietà. Non serve una sola parola di commento a questo minidoc.
Il 14 e 15 dicembre fai un regalo facendo del bene all’ambiente
Green Christmas, Natale verde è il mercatino all’insegna dello stile di vita naturale. Da venerdì 14 a domenica 16, nella suggestiva cornice della Fonderia Napoleonica di Milano si potrà curiosare tra abiti eco, design bio e prodotti cosmetici naturali. Gli organizzatori garantiscono che non mancheranno anche workshop e momenti di coinvolgimento per gente che conosce il senso dell’impatto zero.