C’era una bellissima pubblicità di auto in circolazione qualche anno fa (guarda lo spot). Ti decantava il potere di un catalizzatore efficiente, il basso contenuto di solventi delle vernici, la riciclabilità di certi componenti, ma alla fine ti avvertiva che, comunque, per l’ambiente non avresti mai fatto abbastanza. Così il nostro aitante possessore di auto che avevamo visto entrare in garage in tuta e racchetta da tennis se ne esce felice con una cigolante bicicletta. Geniale! “Non vuoi inquinare? Vai in bici! ” era il messaggio.
In Italia non ha funzionato perché i tempi non erano ancora maturi o forse perché qulalche brianzolo finito al marketing avrà obiettato ai creativi “ma non si vede il prodotto”! “Ok: mai discutere con un imbecille” avrà allora pensato il nostro pubblicitario, che avrà così ripiegato con un bella idea anni 80 dove la topona della Milano da bere era attratta dalla grossa cilindrata (del motore, s’intende, cosa avevate capito?). Adesso i tempi sono un po’ cambiati, ma c’è ancora parecchia confusione su cosa è ecologico e cosa no. I pubblicitari, in questo, ci mettono del loro.
Legambiente ha stilato un ecolista per raccapezzarsi in un mercato dove sembra che tutti abbiano un’
anima verde, quando non è proprio così.
Chi vuole davvero saperne di più e desidera arrivare preparato da un concessionario pronto a venderti la versione catalitica della propria mamma, trova
un buon manuale per riconoscere un’auto con i parametri ecologicamente corretti, cioè:
> Consumo di carburante
> Emissioni di CO2 per chilometro
> Indicatore di inquinamento atmosferico
> Indicatore di rumore effettuate in accelerazione
> Indicatori sanitari e ambientali (produzione di cancerogeni, di ossidi d’azoto, polveri sottili, idrocarburi incombusti, che causano danni alla salute e all’ambiente).
La guida non è aggiornata agli ultimissimi modelli, ma intanto è come avere una buona bussola da consultare per orientarsi nella giungla degli spara-ecofrottole.
Leggendo in giro si scopre che se l’auto è piccola non conviene né il diesel (fa eccezione, pare, la Smart) né l’ibrido, ma un buon modello a benzina che faccia la sua bella figura nel consumare meno e meglio in proporzione al peso limitato dalla vettura.
Sfatiamo qualche mito.
Perchè solo adesso si fanno le ibride?
La tecnologia di un motore termico (praticamente una stufa che usa solo il 15% del proprio potere per il movimento, come ben spiegato
qui, abbinata a un propulsore elettrico è da anni impiegata con successo su navi e treni. Nell’auto non si è usato fino ad ora perche dovevamo consumare di più per pagare più i produttori di benzina e più tasse allo stato (ma questo non si può scrivere e voi non l’avete mai letto).
Nella classe media e alta, numeri alla mano, è meglio viaggiare ibrido, unendo un normale motore termico a uno a batterie. Toyota è leader in questo settore con una gamma di auto che sono pure gradevoli, lo preciso perché solo qualche anno fa se proponevi a qualcuno di prendere una elettrica o una ibrida ti sentivi rispondere neanche tanto educatamente un “prendila tu!”.
Ce l’ho grossa ed è più efficiente.
Non facciamoci prendere in giro da chi racconta che le auto grosse hanno motori efficienti che inquinano meno. E’ vero solo in piccola parte, ma c’è un dato che parla su tutti: i grammi di CO2 al chilometro, guardateli subito e convincetevi che tra un cardenzone (SUV o non SUV) e una macchina media passa un’enormità di polveri sottili e CO2 nell’aria. E non sto ancora considerando il fatto che una macchina grossa porta via più parcheggio, crea più traffico e cose così.
Meglio 100% elettrico?
Premetto che personalmente non sono ancora convinto del 100% elettrico, almeno finché non mi spiegheranno bene cosa faremo delle batterie al termine del ciclo vitale di cinque anni.
Chi proprio fosse spinto dal vento eco verso il tutto elettrico sappia che molto di quanto dichiarato dal produttore dipende dallo stile di guida. Ho guidato la stessa macchina (una Mitsubishi I-on, uguale agli omologhi modelli di Citroen e
Peugeot. In differenti condizioni per scoprire che con un primo pieno di corrente ho potuto percorrere gli 86 km di autonomia dichiarata e un secondo pieno ben 146.
Tra le piccolissime, oggi c’è anche la
Smart e la ancora più piccola italianissima Zero
NWG.
La via è imboccata, ora speriamo che il progresso sia abbastanza svincolato dai petrolieri e segua almeno in parte la velocità evolutiva che hanno conosciuto i computer: abbiamo in un telefonino la stessa capacità di calcolo di un computer evoluto di decenni fa ma, facendo le dovute proporzioni, le macchine sono mediamente rimaste agli anni 60. Ancora troppo poco per dissuadermi a preferire la bici al posto dell’auto quando vado in garage.
Questo articolo è stato pubblicato anche sull’
HuffingtonPost.