Un promemoria che scotta

Nell’attesa del nuovo governo e della decisione di dove immagazzinare i nostri camion (una fila come tra Milano e Torino) di materiale radioattivo, è on line un filmato che in due minuti ricorda decenni di disastri radioattivi.

Le conseguenze purtroppo sono dilatate nel tempo. Il fatto che un disastro sia passato da un po’ (son 27 anni da Chernobyl) non ci rende immuni dalle conseguenze. Ce lo dimostrano i cinghiali radioattivi delle valli piemontesi: su 100 analizzati, ben 25 avevano delle dosi di Cesio 137 molto superiori al previsto (soglia massima consentita 600 Becquerel, soglia rilevata 5621). Non illudiamoci che l’effetto sia limitato al Piemonte e ai cinghiali, perché se gli ungulati tra Val Susa e Monviso son quasi diventati fosforescenti andando a ruzzolare tra cespugli irrorati di Cesio, non è finita lì. La nube di Chernobyl, prima di arrivare a godersi il panorama della Mole, è passata dalla Scandinavia e su tutto l’arco alpino tra Alto Adige e Liguria. Non solo: come troviamo gli effetti nei cinghiali (e quindi nelle loro carni, salsicce, derivati e in tutto quello che non è ancora stato analizzato), è  lecito aspettarseli anche nei funghi, nei tuberi, nei frutti di bosco e nei tartufi. E tutta ‘sta roba chi l’analizza?

Insomma, se ricordare non guasta e ci aiuta a tener presente che non è mai saggio manovrare cose che poi rischiano di scappare di mano (maneggiare l’atomo non è come giocare col Lego), è meglio d’ora in avanti tenere un occhio anche su quel che ci capita di mangiare tra le valli. Quel che credevamo puro perché protetto dalla natura selvaggia, potrebbe non esserlo. Ve lo dice un goloso che vorrebbe davvero evitare di andare in giro con un contatore Geiger in tasca.

Messner: «Le mie montagne senza ghiaccio»

Questo articolo è pubblicato anche su “Il Corriere della Sera

Una mostra fotografica registra il ritiro eccezionale delle masse bianche

L’alpinista: «Crolli continui, trasformazioni drammatiche. L’uomo non deve insediarsi dove ci sono le sorgenti»

«Senz’acqua la montagna crolla». Il più grande alpinista vivente, oggi anche collezionista d’arte e contadino, ma soprattutto teorico di una nuova ecologia, apre, nel suo museo più vasto, il castello di Firmiano che domina la conca di Bolzano e si confronta a distanza con il maestoso Scilliar, un’inusuale galleria fotografica sui ghiacciai per lanciare un messaggio forte. «Sparisce il ghiaccio, si sgretolano le montagne. È l’acqua allo stato solido che tiene ferme le pareti di roccia. Se si scioglie, noi perdiamo qualcosa. Quando ero piccolo cadevano solo piccoli pezzi ogni tanto, oggi si staccano pietre ogni settimana e talvolta crollano rocce come grattacieli».

CAMBIAMENTI – Messner ha le idee ben chiare su come stanno cambiando le cose e su cosa dovremmo fare per evitare il peggio. «Le Dolomiti erano definite da Le Corbusier le costruzioni più belle del mondo, nate nel mare come coralli. In 50 milioni di anni sono cambiate un po’ le forme, però il verde dei cirmoli, le malghe e poi la verticalità delle rocce sono sempre una combinazione unica». Un suo ritratto esposto in un altro castello, quello di Brunico, mostra capelli e barba fluenti che si fondono nella montagna e che ti immagini fatti apposta per essere mossi dal vento dell’Himalaya. Lo sguardo è fermo e convinto, reso ancora più autorevole dalle ciglia così folte da farlo sembrare forte come gli alberi le cui chiome sono temprate dai venti che sferzano le vette.

RACCONTARE LA MONTAGNA – In questi anni ha aperto cinque musei per raccontare la Montagna. Lontano dal dimostrare i suoi 69 anni, gli occhi che spuntano da quel pelo sono un vispo concentrato delle immagini che hanno ammirato nei cinque continenti. Vette, popoli, deserti e ghiaccio, tanto ghiaccio (compreso quello dell’Antartide), acqua allo stato solido che per lui è talmente importante da averci dedicato una delle tappe del suo percorso museale. A Solda, ai piedi dell’Ortles, un edificio invisibile dall’esterno ospita una collezione di dipinti e cimeli dove l’acqua e il ghiaccio sono protagonisti. «Non potevo portare la gente in vetta, così ho fatto un museo dove il ghiaccio si vede, raffigurato nei quadri e in tutta la sua magnificenza dall’unica apertura ricavata sul tetto». Un taglio che sembra un crepaccio lascia intravedere la vetta dell’Ortles, «la montagna cade e noi qui la sentiamo». Si riferisce al recente crollo della croce sulla vetta, sgretolatasi per la fusione del permafrost.
La mostra appena aperta al castello di Firmiano nell’area delle esposizioni temporanee racconta per immagini il ritiro dei ghiacciai. «Se la tendenza continuerà», sostiene l’alpinista, «gli ecosistemi alpini d’alta quota ne risentiranno in modo drammatico». Eppure nelle sue parole non c’è l’ansia dell’allarmismo. «Lasciamo agli scienziati il giudizio su quanto sta accadendo. La terra si è sempre modificata e io mi rendo conto che sto assistendo a una trasformazione straordinaria».

MANAGER – Reinhold Messner non è più solo uno sportivo. Ormai è anche il manager dei suoi musei ma soprattutto il contadino che attorno al suo castello di Juval coltiva viti da vino e gestisce un’azienda agricola modello con un ristorante a chilometro zero. «Mi sono reso conto che l’acqua è la chiave delle attività in montagna, è la vita. Un maso non può sopravvivere senza acqua, a Juval un acquedotto rifornisce il castello da 400 anni. Se il ghiacciaio della val Senales si fonde, sono finito…».

MESSAGGIO – Il messaggio che l’alpinista lancia è soprattutto una presa di coscienza. «Quando andavamo a scalare, noi sulle Alpi non portavamo neanche la borraccia. Sugli Ottomila avevamo solo il fornello per sciogliere la neve, perché se vai in montagna sai che l’acqua è tutto. L’uomo deve rispettare l’acqua perché da lì viene la vita. Non deve costruire dove si forma e non deve contaminare». Con il pragmatismo della gente di montagna, Messner traccia una linea di confine precisa e invalicabile: oltre i duemila metri non bisognerebbe stabilire alcuna attività. «Alla base di tutto c’è il rispetto per la cultura contadina», precisa Messner. «Nei miei musei ho parlato dei popoli del mondo. Per le Alpi ho coinvolto la mia gente, i sudtirolesi, e i Walser. Essere Walser significa ricordarci delle tradizioni e rispettare l’ambiente, a partire proprio dall’acqua. I problemi che abbiamo con le Alpi sono parecchi. Molti dalla città vorrebbero usarle solo per passare il weekend. Altri sognano le Alpi di Heidi. Io mi batto per la realtà. Abbiamo una responsabilità, il diritto di tutelare e anche sfruttare le Alpi dove l’uomo ha sempre lavorato. Se il turismo ci porta i mezzi per sopravvivere è giusto approfittarne. L’allacciamento tra turismo e agricoltura è la base per l’economia di montagna, però oltre una certa quota, dove c’è il ghiacciaio, dove l’acqua si forma, l’uomo non deve insediarsi».

GUARDARE IL PAESAGGIO – Gli allestimenti dei musei rivelano un’estetica che oscilla tra minimalismo ed esaltazione per la materia: ferro grezzo per le strutture, pietra sulle mura e i quadri che si stagliano come chiazze di colore. Mentre passeggia di fronte alle tele invita a guardare un paesaggio alpino sul confine tra il pascolo smeraldo, la roccia rugginosa e il ghiaccio perlato. Quella mano che ha impugnato una piccozza su tutte le vette più alte del pianeta vuole ora accarezzare i colori.

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Gayart nel cuore delle Dolomiti segrete

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La Val Fiscalina nel Südtirol è un piccolo solco tra pareti di roccia alle spalle delle Dolomiti di Sesto Pusteria. Un minuscolo mondo immerso nella quiete della natura. In inverno si ascoltano i tonfi della neve che cade dai rami, in estate il suono delle cascate

Le Dolomiti da cartolina sono quelle che tutti conoscono e fotografano. Sono, purtroppo, le Dolomiti che sopportano il traffico e il congestionamento, quelle che forse, un giorno, chiuderemo alle auto per lasciarle solo ai mezzi pubblici. Poi ci sono le Dolomiti più nascoste, quelle in cui ti sembra di essere stato catapultato in un angolino di Canada e dove a un certo punto incappi in una baita dove due uomini dipinti ti raccontano di storie e tradizioni che passano anche da Harrer, il protagonista di Sette anni in Tibet. Ecco, queste sono le dolomiti che amo.

Val Fiscalina, quiete assoluta

valfiscalinaSiamo in Val Fiscalina, potreste aver difficoltà a trovarla sulla mappa perché e solo un piccolo solco tra pareti di roccia alle spalle delle Dolomiti di Sesto Pusteria, in Alto Adige – Südtirol. Che si vada in pieno inverno ad ascoltare i tonfi della neve che cade dai rami o in estate quando le cascate diffondono la loro eco tra le cenge, il quadretto è quello di un posto isolato e immerso nella quiete assoluta.
La coltre dei pini all’ingresso della vallata si para a chi arriva come fosse un esercito verde. Le creste sullo sfondo sono aguzze e formano un circo curvo al punto giusto da sembrare una cornice che nasconde qualcosa. Non ci sono impianti di risalita ma solo una pista battuta con a fianco l’anello per lo sci da fondo.

Sci alpinismo ma anche salutari passeggiate

valfisca2Chi pratica lo sci alpinismo può inerpicarsi verso il passo, meglio se accompagnato da una guida, mentre chiunque può invece fare una ciaspolata sull’altopiano che sovrasta Moso. Gli impianti più vicini per lo sci da discesa sono quelli in paese.
Naturalmente si può anche solo staccare la spina e basta, limitandosi magari a camminare e ossigenarsi sul percorso completamente pianeggiante che inizia alla fine della strada.
Il distacco è netto, nell’ultimo parcheggio delle auto finisce il XXI secolo e ci si cala nel silenzio. Sembra incredibile eppure è quello che succede qui dove l’ultima casa della valle è la stazione di posta ora trasformata in un delizioso chalet albergo, friendly per chiunque della montagna cerca l’autentico.

Arte popolare e opere dell’artista Albert Stoltz

valfisca3Autentica come la decorazione dei due selvaggi di cui si raccontava disegnati sulla baita vicino al torrente. Sembrano usciti davvero da un libro di gaycomics appena pubblicato ma risalgono agli inizi del ‘900. Sono disegni di Albert Stoltz, un artista che con i fratelli Ignaz e Rudolf ha lasciato molte opere sulle facciate dell’Alto Adige. All’imbocco della nostra vallata, in località Moso, c’è un museo dedicato al fratello Rudolf che ospita anche opere degli altri membri della famiglia. Albert in particolare divenne famoso come pittore di guerra impegnato sul fronte italo austriaco e le sue opere ci mostrano uno spaccato di vita bellica, con i soldati che combattono coperti di loden tra i ghiacciai in inverno e che lavorano a torso nudo in estate per scavare trincee. La contemporaneità del tratto del disegno rende questo museo fruibile a chiunque sia appassionato di arte popolare. Non da meno è l’impatto delle figure sul muro del vicino cimitero o della via crucis all’interno della chiesa, originale non solo per il tratto ma perché dipinta tutta in toni di blu. Museo e valle sono raggiungibile con una camminata pianeggiate di circa un’ora, è impossibile perdersi grazie allo sterrato che costeggia il fiume.

Heinrich Harrer, avventuriero e alpinista

valfisca4A proposito di camminate, una curiosità non a tutti nota riguarda il personaggio di Heinrich Harrer. Lo conosciamo per aver scritto Sette anni in Tibet e lo immaginiamo con la faccia di Brad Pitt che ne interpretò il ruolo nella trasposizione cinematografica.
Avventuriero e ottimo alpinista, fu maestro di sci ospite per molte stagioni della famiglia che ancora oggi gestisce l’Alte Post al termine della strada. La vecchia stazione di posta è stata infatti sapientemente recuperata e oggi è un romantico nido che accoglie coppie in cerca del paesaggio romantico assoluto o single in ricarica creativa. Cito entrambe le categorie volutamente in quanto parte in causa.

Galleggiare sotto le stelle

valfisca5La spa è alimentata con l’acqua di sorgente, offre la sauna al legno aromatico e i massaggi al tampone di erbe alpine. La piscina riscaldata affacciata al bosco ha una parte all’aperto dove si può galleggiare sotto le stelle. Il ristorante è all’altezza del luogo e delle tradizioni locali attente agli ingredienti a chilometro zero, con i formaggi del contadino e le verdure stagionali dell’orto. C’è un elemento in più che mi piace considerare in un posto così: l’attenzione ecologica che mettono nella gestione si combina con la possibilità di raggiungere la località con i mezzi pubblici combinando il treno fino a Sesto Val Pusteria e poi l’autobus che attraversa Moso e raggiunge la valle, come dire che qui la macchina è davvero superflua. In Alto Adige, tra l’altro, grazie alla Mobil Card, si può viaggiare da uno e sei giorni su ogni mezzo pubblico.

Questo articolo è pubblicato anche su Mondo in Tasca

Reinhold Messner: il ghiaccio nel museo


Nel trailer del nuovo documentario su di lui, Reinhold Messner rivela facce inaspettate dal pubblico che lo crede solo un alpinista. Un suo ritratto esposto nel castello di Brunico mostra la chioma fluente che ti immagini fatta apposta per essere mossa dal vento dell’Himalaya, con le ciglia così folte da farlo sembrare un’immagine solo appena più civile di uno Yeti. Poi lo vedi dal vero (Messner, non lo yeti) e capisci che quella caricatura è distante dalla realtà. 


Lui, leggenda dell’alpinismo, è anche collezionista, contadino ed ecologista. A Solda, ai piedi dell’Ortles, un edificio invisibile dall’esterno ospita una collezione di dipinti e cimeli dove l’acqua allo stato solido è protagonista. «Volevo parlare del ghiaccio dove c’è il ghiacciaio, non potevo portare la gente in vetta, così ho fatto un museo dove il ghiaccio si vede, nei quadri e dall’unica apertura sul tetto».


Il ghiaccio ritorna protagonista a Castel Firmiano, alle porte di Bolzano, nel suo museo più vasto. La mostra appena aperta nell’area delle esposizioni temporanee racconta per immagini quello che sta succedendo ai ghiacciai. Kaukasus Karakorum – Sulle tracce dei ghiacciai è una collezione di immagini in parallelo tra suggestivi scatti panoramici, d’epoca e contemporanei. Il fotografo Fabiano Ventura ha ricercato lo stesso punto di scatto a distanza un secolo. «Non sono state poche le difficoltà di individuare lo stesso punto di scatto di un secolo fa. In certe aree, il ghiaccio è scomparso del tutto e la vegetazione impedisce di piazzare la macchina fotografica», afferma il giovane fotografo. «Mi sono subito appassionato di queste foto – dice Messner – perché non fanno commenti o analisi scientifiche sui ghiacciai ma presentano i fatti come li capirebbe un bambino». La maggior parte delle immagini mostra il drammatico ritiro della massa glaciale: dove nello scatto storico in bianco e nero c’era il ghiaccio, in quello a colori si notano ghiaioni e alberi. 
«Solo in alcuni casi, preservati da condizioni geoclimatiche particolari, si assiste alla conservazione o in certi casi addirittura all’aumento di ghiaccio», commenta il professor Claudio Smiraglia riferendosi alle immagini della mostra. «Nelle diverse epoche c’è stato un andamento alternato tra contrazione ed espansione dei ghiacci – continua il glaciologo dell’Università di Milano tracciando un quadro sulla tendenza attuale – Non è vero che la Val Padana, parlando di un caso italiano, soffrirebbe la scomparsa dei ghiacciai alpini, che contribuiscono solo per il 10% al volume d’acqua del Po. È vero però che ecosistemi alpini  d’alta quota ne risentirebbero in modo drammatico». 
«Un maso non può vivere senza acqua – aggiunge Messner – a Castel Juval (il museo a fianco al quale ha realizzato un’azienda agricola modello e un ristorante a chilometro zero, ndr) un acquedotto rifornisce l’acqua da 400 anni».



Il messaggio che l’alpinista lancia è soprattutto una presa di coscienza.
«Noi sulle alpi non portavamo neanche la borraccia e sugli 8000 solo il fornello per sciogliere la neve, perché se vai in montagna sai che l’acqua è tutto. L’uomo deve rispettare l’acqua perché da lì viene la vita. Non deve costruire dove si forma e non deve contaminare dove scorre». Con pragmatismo da contadino, Messner traccia una linea di confine precisa e invalicabile, stante la quale oltre i duemila metri non bisognerebbe stabilire alcuna attività.


«Microimpianti idroelettrici o lo sfruttamento della capacità di rilascio delle dighe sono uno spunto rinnovabile per la sostenibilità – dice Andrea Falessi di Enel Green Power, sponsor della mostra – ma ottime occasioni per produrre energia possono trovarsi anche con geotermico e biomasse che sfruttano elementi naturali presenti in abbondanza in ambienti sensibili come quelli alpini».  


«Alla base di tutto deve esserci il rispetto per la cultura contadina – precisa Messner – I problemi che abbiamo con le Alpi sono parecchi. Molti dalla città vorrebbero usarle solo per passare il weekend. Altri sognano le Alpi di Heidi. Io mi batto per la realtà. Abbiamo una responsabilità, il diritto di tutelare e anche sfruttare le Alpi dove l’uomo ha sempre lavorato. Se il turismo ci porta i mezzi per sopravvivere è giusto approfittarne. L’allacciamento tra turismo e agricoltura è la base per il turismo, però oltre una certa quota, dove c’è il ghiacciaio, l’uomo non deve fare infrastrutture».

Messner è oggi un fine collezionista e gli allestimenti dei musei rivelano un buon gusto mediato tra minimalismo ed esaltazione per la materia, ferro grezzo per le strutture, pietra sulle mura e i quadri che si stagliano come chiazze di colore. Mentre passeggiamo di fronte alle tele ci fermiamo. Mi invita a guardare un paesaggio alpino sul confine tra il pascolo smeraldo, la roccia rugginosa e il ghiaccio perlato. Osservo quella mano che ha impugnato una piccozza su tutte le vette più alte dei continenti, accarezzare i colori con una delicatezza inaspettata. Emerge una tenerezza che spinge lo yeti lontanissimo. p forse è solo lo yeti feroce che fugge per lasciare qui un simbolo di pace della Natura. «Sparisce il ghiaccio, si sgretolano le montagne. Quando ero piccolo cadevano solo piccoli pezzi, oggi crollano rocce grandi come grattacieli. Le Dolomiti erano definite da Le Corbusier le costruzioni più belle del mondo, nate nel mare come coralli. In 50 milioni di anni sono cambiate un po’ le forme, però questo verde sotto, i cirmoli, le malghe, e poi la verticalità delle rocce sono una combinazione unica».
L’uomo che da del tu agli 8000 e ai Seven Summits ci parla dell’acqua e delle sue montagne con l’arte e con semplicità francescana. È un segnale forte, non solo per chi conosce le alte quote, sapremo coglierlo?
La mostra nell’area temporanea del Messner Mountain Museum di Firmian  è stata resa possibile grazie al supporto di aziende a vocazione verde:
Per pernottare in zona Bolzano e per info sui mezzi pubblici:

Le canne non si fumano, si pedalano

Non scrivo di cannabis ma di bambù.

Non è la prima volta che si vede in giro, ma ora la moda dilaga e in rete iniziano a circolare forum e club che insegnano ad autocostruirla.

La bici in bambù è leggera, elastica, resistente agli urti, quasi completamente riciclabile e in certi casi perfino solidale, come dichiara la tedesca Zuri.

Un elemento in più che sicuramente scatena l’originale che è in ognuno di noi: non ce n’è una uguale all’altra, come le canne, del resto.

La casetta sul fiume

C’è una casetta sul fiume.

Se non fosse per il timore delle piene che l’hanno spazzata via cinque volte, potrebbe essere il sogno di chi ama addormentarsi abbracciato solo dal fruscio del vento e dalla voce dell’acqua. Per la cronaca si trova sulla Drina, il fiume tra Bosnia e Serbia.
Qualcosa di simile abbiamo anche noi sul Po, però in versione galleggiante.

Anche qui il fascino non manca, con in più la certezza di essere al sicuro visto che, in caso di piena, la casa galleggia restando ben ancorata alla riva. Il risveglio in compagnia degli aironi è garantito. Basta andare al Ponte della Becca, a pochi chilometri da Pavia sulla foce del Ticino nel nostro principale fiume, per trovarne alcune di molto interessanti. Dalla città è anche una bellissima pedalata.

Una curiosità: esistono anche prototipi di case galleggianti autosufficienti, grazie al vento e alla corrente.

Quel che non sorprende, però, è che lo sfruttamento della corrente dei fiumi non è una novità, ma è ben conosciuto da chi ha visto le vecchie foto dei mulini sul Po.

Sull’Adda esiste invece si trova il traghetto di Imbersago, che si sposta da una parte all’altra solo sfruttando lo scorrere dell’acqua. Fu perfino ritratto nelle tavole di Leonardo da Vinci.

Dimostrazione che le buone idee, prima o poi, tornano a galla.

Pane, fattelo in casa buono e conveniente

La cucina ai tempi della crisi cambia vocazione per riscoprire manualità con ingredienti genuini e acquistati direttamente dai produttori. Era sul Corriere di qualche tempo fa la notizia che il pane fatto in casa batte la crisi e vince col gusto. Stessa autrice e stesso argomento settimana scorsa, questa volta con estensione a yogurt e marmellata, con la conferma che almeno un italiano su tre produce alimenti in casa. A riprova, i dati ISTAT confermano che se cala la spesa in generale degli alimentari (-1,5%), aumenta invece quella per gli ingredienti base (farina +8%, uova +6, burro +4).
Qualcuno ha guardata anche al portafoglio e alla salute: conti alla mano, parrebbe che farsi il pane permette di risparmiare fino al 310% e garantisce la certezza di ingredienti genuini. Di sicuro, poi, il pane dura, se ben conservato, fino a una settimana.

Sì, anche io, una volta alla settimana

La ricetta tradizionale è davvero semplicissima, perfino nel forno tradizionale e in molti siti è proposta con dettagliati passaggi fotografici a prova di dilettante. Le idee per poi personalizzare il risultato sono infinite. Può perfino diventare un gioco per i più piccoli che apprezzano qualcosa fatto da loro riuscendo a valorizzare un cibo di forte tradizione.

Fare il pane educa

Non dimenticherò mai un giorno trascorso a scrivere un racconto in una scuola elementare di una borgo della Brianza, Missaglia. Alla mia domanda “Cosa vi piacerebbe succedesse nel futuro al vostro paese”, la risposta spiazzante di bimbo è stata “Vorrei che nelle vie si sente ancora il profumo del pane”. Nulla da aggiungere.

La spesa e il lavoro: iniziamo a cambiare, adesso!

Qualche altra idea al volo da Fà la cosa giusta! Gli spunti per iniziare a cambiare o continuare a farlo non mancano, nemmeno per chi vuol vedere le cose in modo diverso e diventare un ecoimprenditore, voi che ne dite?

Gaia organizza catering con prodotti bio in confezioni eco-friendly

Sì, in un primo momento ho creduto fosse uno scherzo, invece…
Camminare è anche un modo per fare (e coltivare) amicizie
Scende la notte e si accendono gli occhi (led a basso consumo)
Meno bottigliette in giro: l’acqua dal rubinetto scende migliore e più controllata
Idem come sopra: perché pagare il flacone se possiamo usare quello vecchio?
Merende croccanti e salutari dall’Alto Adige con BioSüdtirol
La spesa in fattoria? Conviene per prezzi e qualità
Vecchi noiosi imballi diventano nuovi coloratissimi pouff
Nessun animale ai tuoi piedi, solo ottimo artigianato
Quante cassette potete chiedere gratis a un fruttivendolo? Tutte lampade, librerie, mobiletti…
I mattoni o i coppi di un edificio in rovina han già fatto il callo al tempo e sono, anche qui, gratis
I mobili sono ricavati da scatoloni di cartone 100% riciclato
Qualche idea di ecoturismo: in Abruzzo sui sentieri del lupo e dell’orso
… e in Lombardia di gusto in gusto tra cascine e foreste
Il tutto condito con la buona musica di Babel in fiera

Un superECOmercato a Milano

Ancora una volta Fá la cosa giusta! dá spunti curiosi e originali. Su quel confine strano che è riciclo e buongusto c’è un mondo di idee per distinguersi e per un regalo davvero particolare.
Qualcosa si é visto con chi ricava lampade da caffettiere, orologi da pale di vecchi ventilatori e ferri da stiro. Il ragazzo è un quasi ingegnere aerospaziale, ha fatto anche il giocoliere e non ha paura a misurarsi con l’originalità.

Luca di Usedesign con una sua creazione 

Oppure lampadari, librerie e portaoggetti da vecchi tubi di idrante. Chi poteva pensarci se non due designers che han visto risorse dove altri vedevano rifiuti industriali da smaltire?

L’idea illuminante di Claudio e Manuel di Hdesignfirm

O ancora ritaglia camere d’aria e copertoni per borse, cinture e portafogli. Il risultato? Due geniali ecoimprenditori sono contenti quando forano. Non ho resisitito e mi sono comprato una cintura fatta con la gomma di una bici.

Carlo e Cristina di Charly Clothing Recycle

Per gli appassionati del subbuteo, perché non farselo coi tappi di bottiglia? Ma gli stessi designer hanno altre idee geniali per amplificare l’iPhone e vestire i bambini all’asilo con camicie di altissima qualità.

Il Subbuteo, una delle “idee spazzatura” di Acquapotabile

I divani? si possono fare con i pallet provenienti da foreste responsabili. Il progetto non è solo ecologico ma ha anche un risvolto sociale di tutto rispetto.
Non contenti, compensano quote con pioppeti in Appennino.

Un angolo di casa fatto con i pallet industriali

Poi uno spunto coloratissimo e sempre gradevole: le borse fatte coi teloni delle maxipubblicità, banner e cinture di sicurezza. Esiste in varie forme, perfino in versione portacomputer.

Banner pubblicitari e cinture di sicurezza gli ingredienti di Garbagelab

Risparmia DA SUBITO senza costi e senza cambiare la tua auto

Ti senti responsabilizzato perché gli spot ti sventolano inquinamenti irrisori dei nuovi modelli.
Ti rendi conto che ogni pieno costa sempre di più.
Ti guardi attorno e c’é un sacco di gente con il nuovo modello XYZ e ti domandi se è vero che consuma molto meno del tuo.
Attento alle ecofrottole delle pubblicitá! L’auto che non inquina e non consuma non esiste e tu stesso puoi iniziare a consumare meno DA SUBITO senza cambiare veicolo e aumentare il parco auto circolante.

Fai un esperimento: attieniti a queste dieci semplici regole e scopri giá dal prossimo pieno che potresti avere una percorrenza bonus fino al 10% in più solo per aver cambiato stile di guida.

Le regole per risparmiare:
1- Limita il peso all’indispensabile, inutile andare in giro stracarichi di roba che non serve
2- Evita di tenere montate barre e portapacchi che peggiorano l’aerodinamica
3- Evita di usare l’auto in percorsi brevi, in fase di riscaldamento il motore produce più fumi
4- Controlla regolarmente la pressione delle gomme, tenerle un po’ più gonfie é meglio che sgonfie
5- Sottoponi l’auto alla manuntenzione periodica, l’elettronica è una brutta bestia se si mette a far le bizze
6- Non strangolare il motore con marce basse e numeri di giri elevati, trattalo come fosse una voce da ascoltare piacevolmente ai regimi medi
7- Limita al minimo l’utilizzo di accessori come l’aria condizionata alle basse velocitá e al contrario usala tenendo i finestrini alzati a velocitá maggiori, quando il motore produce più energia e l’aerodinamica diventa determinante
8- Previeni la condotta considerando distanze e semafori-code iniziando a decelerare prima, appena poi scatta il verde accelera sempre con gradualitá come se ci fosse un uovo tra la tua suola e l’acceleratore
9- Se il tuo veicolo é dotato di computer di bordo, ingaggia con lui una gara al cusumare meno selezionando sul display il sensore di riferimento
10- Non superare i 110 kmh, il consumo oltre questa velocità aumenta più che proporzionalmente e il tempo di percorrenza non ne risente più di tanto
Aggiungo una regola molto personale:

11- Sei proprio sicuro che non potevi usare la bici, un mezzo pubblico o condividere l’auto con gli amici? Per quanto ti sforzi di limitare consumi e inquinamento, il passo più naturale e salutare é il tuo, pensaci.