Una domenica d’autunno nel Parco dell’Arcipelago Toscano è uno stimolo a scoprire uno dei gioielli insulari del Bel Paese. Dimenticate folla, negozi, traffico. Scegliete la più piccina delle isole, Giannutri. Una leggenda racconta che riemersero quando una dea perse una collana in mare e le perle tornarono in superficie con la forma di questi magici scogli. Forse questo era il monile più prezioso e aggraziato.
Come tutti i gioielli, non è per tutti ed è necessario prenotarsi per goderne. ll giro dell’isola è una magnifica passeggiata nella macchia mediterranea. Gli scorci di sole e la quiete delle calette cristalline sono un invito all’ultimo bagno della stagione. C’è anche una chicca: I resti romani di Villa Domitia non sono visitabili, ma con un po’ di educazione e attenzione…
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Cosa ricorderemo della Costa Concordia?
Ok, Schettino e la vergogna di parlare la sua stessa lingua. Poi?
Di fronte alle immagini del recupero non ho potuto che elogiare la professionalità della squadra, però confesso che tenevo tutte le dita incrociate. Nel mio post precedente ero cosciente della professionalità di chi era coinvolto (cito dal pezzo: “fanno cose straordinarie, dico davvero”), auspicavo la bontà del manufatto (“spot favoloso per la Fincantieri che l’ha costruita”) e dichiaravo il risultato che tutti speravamo (“Per il bene della natura isolana, spero che lo sfidante recuperatore vinca”). Ora il risultato del lavoro è lì da vedere. Ma non è finita qui.
Senza disfattismi o minimizzare, era e rimane comunque lecito porsi delle domande. È catastrofismo? No, realtà. Una necessità umana quella di puntare al meglio (cito uno dei miei critici, che ringrazio: “Operazione recupero effettuata”) rimanendo però pronti anche al peggio, perché alla Natura le stiamo combinando sempre più grosse e queste operazioni sono un esempio di come potremmo (dovremmo) arginare lo scempio che qui, per bravura (lo dico ora ora che la vedo facendo i complimenti al lavoro di squadra) e fortuna non si è manifestato.
Mi rimane un dubbio sul fatto del grattacielo che hanno raddrizzato al Giglio: lì parlano i dati. Ha davvero senso costruire queste città galleggianti quando la loro unica ragione di esistere è rispettare le economie di scala delle compagnie di crociera? Ho ben impresse le immagini di questi colossi galleggianti con gli scatti di Gianni Berengo Gardin. Non essendo un commissario tecnico, un esperto di marketing, o un allenatore di calcio (le categorie in cui molti italiani si riconoscono, ma io no perché farei solo casini) lascio la risposta al buon senso.
Prima o poi dovremo responsabilizzarci sul fatto che le operazioni davvero di successo sono quelle che il danno lo prevengono anziché ripararlo. E che, soprattutto, non tutto si può riparare e risarcire, perché non siamo (ancora) in grado di bere o mangiare i soldi.
La lattina Concordia sullo scoglio Giglio: il recupero spiegato a mia mamma
Quando vai in canoa, se colpisci un masso e la corrente ti spinge contro la roccia mantenendoti poi nella posizione, per quanto robusta sia la canoa, lo scoglio sará comunque più rigido e in grado di provocare l’incravattamento dell’imbarcazione. Definizione di “incravattamento”: la carena sollecitata dalla spinta dell’acqua prende la forma del masso quasi avvolgendolo come una cravatta su un collo. Facendo le dovute proporzioni, posso sbagliarmi ma ho la sensazione che tra poche ore potremmo avere la dimostrazione che la spinta di un anno e mezzo di onde ha incravattato la canoa Costa Concordia allo scoglio Giglio. Cosa cambia se è incravattata o no? Semplice: potrebbe rompersi.
Il bell’articolo dell’HuffingtonPost ci fornisce con una documentaristica ricchezza di particolari tutte le forze in campo, omettendo ahimé che la nostra canoa è due volte e un pezzo il grattacielo della Pirelli di Milano, o il cupolone di San Pietro, se preferite.
Grattacielo, cupolone e Concordia, però, non sono di un unico pezzo, mentre lo scoglio Giglio sí. Lo dimostra la facilità con cui si è aperta la canoa mentre Schettino giocava alla Love Boat. Come paventato da chi è molto più tecnico di me, vedo l’operazione rischiosa e sempre di più come una sfida. Effetto possibile: far aprire lo scafo come fosse una lattina e rovesciare il contenuto di un grosso supermercato per 5000 persone sulla costa del Giglio. Morale: un disastro per il Parco dell’Arcipelago Toscano. Soluzione di emergenza ipotizzata: mettere una barriera galleggiante in superficie. Come dire: faccio l’amore e metto il profilattico, ma solo nella parte alta del mio membro, sperando che non scenda nulla. Non son sicuro sia la soluzione migliore.
All’indomani della notizia della decisione di recuperare lo scafo affidandosi ai superuomini di Micoperi (fanno cose straordinarie, dico davvero, ma questa non era mai stata tentata), avevo proposto a Costa un documentario sull’operazione. Pur gentile, la risposta fu “no”. “Meno se ne parla e meglio é, tanto più se il progettato recupero sarà veloce e indolore” sottintendeva il comprensibilissimo diniego.
Magari la Concordia sarà drittissima, con uno spot favoloso per la Fincantieri che l’ha costruita. Di fatto se ne sta parlando in tutto il mondo e stiamo per scoprire se il canoista Schettino (sapete che è famoso anche all’estero per la sua brillante manovra proprio nel centenario del Titanic?) passerà alla storia anche per l’incravattamento più ingombrante della navigazione.
Per il bene della natura isolana, spero che lo sfidante recuperatore vinca, ma non dimentichi che cinque secoli fa, un tale Leonardo da Vinci, raccomandava, quando si parla di mare, di anteporre sempre l’esperienza alla scienza delle teorie. Non essendoci esperienza in materia, non ci resta davvero che sperare.
Questo articolo è pubblicato anche sull’HuffingtonPost.
Montecristo, cercasi guardiano del tesoro
Sarà per il celebre conte protagonista del romanzo di Alexandre Dumas, o per la fama di luogo inavvicinabile in quanto riserva integrale, o ancora per la leggenda di un favoloso tesoro celato in una sua grotta, l’isola di Montecristo è tra i luoghi più affascinanti del nostro paese.
Questo scoglio di granito alto 645 metri si estende per circa 13 chilometri quadrati al largo dell’isola del Giglio ed ha la caratteristica di essere stato presidiato da un guardiano quasi ininterrottamente dal 1890. Il guardiano era una figura di riferimento sia per i forestali che pattugliavano l’isola che per i ricercatori che di tanto in tanto approdavano qui per motivi di studio.
Da oggi però, causa Spending Review, basta guardiano. Montecristo torna ad avere un motivo di fascino in più.
Sull’isola si trovano resti di fortificazioni e di un monastero benedettino, le uniche costruzioni sono quelle a Cala Maestra: la casa del guardiano e la Villa, testimonianza di quando l’isola era una riserva di caccia dei nobili che la possedevano.
Su questa terra, dove è vietato pescare, pernottare e sbarcare senza permesso, si può accedere solo con l’autorizzazione speciale del Parco dell’Arcipelago Toscano.