La Siria distruggerà il proprio arsenale chimico. In mare. Avete letto bene. Il piano sarebbe americano. Dopo il “no” dell’Albania ad ospitare sul proprio territorio le operazioni di bonifica (e, lo ammetto, sono curioso di sapere dove sarebbero stati gli impianti per rendere innocuo il micidiale Sarin a così pochi chilometri da noi) l’opzione dei super-controllori a stelle e strisce sarebbe quella di rendere le sostanze chimicamente inerti su piattaforme o navi in acque internazionali.
Pensi alla posizione della Siria e rifletti che il mare più vicino è… già, il Mediterraneo. In alternativa ci sarebbe un sistema mobile sofisticato basato sull’idrolisi. L’unico ispettore italiano tra gli osservatori è l’ingegner Silvestro Mortillaro.«È una tecnologia che non conosco – afferma il tecnico – La distruzione in mare è una tecnologia impegnativa, ma permetterebbe di aggirare le proteste ed è un grosso vantaggio se si ha fretta.»
La fretta non è mai una buona consigliera però.
I residui del processo di distruzione, tra cui la diossina, possono finire in mare e nella catena alimentare degli oceani – precisa Jean-Pascal Sanders, esperto dell’EUISS, l’agenzia per la sicurezza europea.
Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.