Si era già detto in queste pagine come uno spot ben fatto e per nulla provocatorio sia stato censurato, nonostante parlasse del tumore al seno, una patologia la cui cura, presa per tempo, vanta un successo del 98%.
Esiste anche l’equivalente maschile, della quale in Italia, probabilmente, non sentiremo mai parlare. Una squadra di rugbysti insegna l’autodiagnosi per il tumore ai testicoli sui teleschermi, con tanto di dettaglio del tipo di ispezione necessaria a scoprire possibili focolai.
“Prevenire è meglio che curare”, recitava uno spot famosissimo. Prevenire è anche un vantaggio in termini di sofferenza, costi, posti letto occupati, qualità della vita, risorse distolte altrove, mi permetto di aggiungere. Sono convinto che imparare a toccare il proprio corpo per conoscerlo è quanto di più ecologico si possa fare verso noi stessi.
C’è anche un paradosso: continuiamo a vedere sventolare tette e culi sugli schermi di ogni genere senza neanche troppo scandalo, quando le tette e le palle che interessano la salute (mia e di qualche milioncino di persone) suscitano sdegno e proteste. Qualcosa non mi torna.
Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.