Si avvicinano le giornate cristalline di settembre, quelle in cui in uno stesso panorama si vedono l’infuocata dei boschi e le montagne ingiallite a fare da pilastri a cieli cobalto. Speriamo che l’autunno sia un po’ meno originale della stagione che lo ha preceduto. Rimane comunque un momento di riflessione.
Vi svelo un paio di posti a me molto cari, a ridosso dei 4000 alpini ma raggiungibili con facilità. Ci vado per ricaricare l’anima e il corpo, a salutare i pascoli prima del riposo invernale. In Valle d’Aosta, tutti conoscono la maestosità del Monte Bianco e la sagoma svettante del Cervino. Di fronte a loro ci si può arrivare con sentieri e carrarecce, senza dover fare code, timbrare cartellini o sopportare suoni che non siano naturali.
Un’angolazione originale della piramide granitica più famosa del mondo è quella che si gode da Gillerey, frazione di Torgnon. Il comune è uno di quelli della Val d’Aosta dove non ci passi per caso, ci devi andare apposta. Lasciando la celebre strada che porta alla ancor più celebre Cervinia, il paese è adagiato sulla sinistra. Chi ama i luoghi preservati benedirà il fatto che Torgnon non è affatto celebre, nonostante i vicini ingombranti. E’ aggraziato come molti paesi da queste parti, ma qui ci sono almeno un paio di motivi in più per venirci. Il primo è il borgo di Triatel, del quale la parte più antica è stata recuperata integralmente e mostra come si viveva sulle Alpi fino all’inizio del ‘900.
Una grande lezione per chi ama la montagna, un ottimo spunto per tutti gli altri che possono comprendere come l’abitare le Alpi non sia affatto scontato. Il secondo motivo è la straordinaria veduta su Cervino e Plateau Rosa che si gode da Gillerey, a monte dell’abitato, il poggio è caratterizzato da una chiesetta esagonale con dodici rocce attorno a rappresentare gli apostoli. La strada che ci arriva fa parte della Balconata del Cervino e il tempietto appare all’improvviso come se qualcuno ce lo avesse appena appoggiato. Lo sterrato che pennella le foreste di Torgnon attraversando conche e crinali può essere percorso a piedi, in bici e perfino con gli sci da sciescursionismo in inverno.
Cambio scena, ci si avvicina al ghiacciaio quasi a sentirne il freddo. Sul versante opposto della Vallée, superata Aosta e quasi al cospetto del tetto d’Europa, si punta a La Thuile. La stazione invernale è molto conosciuta, anche per la condivisione del comprensorio sciistico con la francese La Rosière. Meno nota, invece è la parte escursionistica. Il tracciato delle cascate del Rutor è tra i più affascinanti che si possano percorrere. Raggiunta la terza cascata, l’invito è a proseguire per risalire l’ultimo crinale a guadagnare la quota del rifugio Deffeyes. Qui niente rumori e zero inquinamento luminoso. L’edificio fronteggia il circo glaciale del Rutor con un’angolazione da spettacolo perfetto. Il ghiacciaio si è molto ritirato dall’800, quando una volta all’anno provocava disastri appena l’eccessivo scioglimento delle nevi faceva saltare il tappo di detriti e provocava un’improvvisa alluvione a valle.
Oggi il corso del torrente è una lezione vivente dell’orografia alpina, con un ponte nuovo di zecca sospeso sul salto della terza cascata. Il Sentiero del Centocinquantenario che si imbocca dalla parte opposta del ponte è una via alternativa alla discesa. In tutto questo, il Monte Bianco è lì, a guardare ogni passo come il gigante sonnacchioso che possiede la montagna ma non si fa problemi a fartela godere. Generoso lui, come solo la natura sa essere. Due occhi, a volte, non bastano per portare a casa tanta grandezza, ecco perché in montagna serve anche il cuore.
Questo articolo è pubblicato anche sull’Huffington Post.
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Domenica dove: la montagna va a Pila
Per chi cerca una stazione montana attenta ai temi dell’ambiente suggerisco Pila, in Valle d’Aosta.
Della corona di boschi che circonda il Monte Emilius, appena sopra Aosta, si possono raccontare cose interessanti: si cammina in una cornice panoramica che spazia dal Gran Paradiso al Monte Rosa passando per il Bianco e il Cervino, si pedala alla grande in un bike park con diversi gradi di difficoltà, ci si destreggia con un parco avventura che mette alla prova il senso dell’equilibrio, si mangia e si beve bene grazie a una costellazione di locali tradizionali sui sentieri.
La cartina è scaricabile sui palmari. Buono anche il livello del servizio alberghiero, ho molto apprezzato il trattamento dell’Hotel La Chance, con un ottimo rapporto qualità prezzo e un piccolo centro benessere affacciato sul prato e il Monte Bianco.
Ma veniamo alla parte eco. La località merita di essere presa in considerazione per almeno tre motivi. Il primo e più importante è la mobilità sostenibile: scendendo dal treno nella stazione aostana la telecabina porta direttamente in quota facendone il punto di interscambio diretto rotaia-fune più vicino a Milano e Torino. Proprio la vicinanza dalle grandi direttrici premette di contenere i tempi di spostamento e i relativi costi, ambientali e di portafoglio. Infine, la stazione è attenta ad argomenti come la piantumazione dell’erba sulle piste da sci, la raccolta dell’acqua in quota per non pomparla dal fondovalle, la raccolta differenziata dei rifiuti.
Insomma, che si voglia salire a Pila per fare sport, dormire in rifugio o solo abbandonarsi alla lettura di un libro su uno dei laghi d’alta quota che punteggiano la conca, qui non manca energia, come del resto il nome della località lascia ben sperare da subito.