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Un regalo di Natale a…. ? Qualche idea last minute non solo per gli orsi

Regalo di Natale. La sindrome del dono (tanto più se ritardatario) che contagia tutti mi riempie la casella con frasi tipo “tu che scrivi e viaggi spesso, cosa regaleresti a uno con le tue passioni?”. Come dire “ne conosco uno orso come te, cosa gli butteresti sotto l’albero oltre al miele?”. In questi casi non mi faccio problemi e racconto più o meno cosa mi piacerebbe o cosa si trova nella mia borsa quando partiamo per girare un documentario.
Innanzitutto la borsa, bella comoda e spaziosa per farci stare tutto senza diventare un container manovrabile solo da portuali. Ne uso di quelle fatte per essere maltrattate. In proporzione al volume sono economiche e pratiche per farci stare perfino oggetti imprevisti che potresti trovare in giro. Non uso trolley perché nella neve o sulla terra bagnata diventano attrezzi agricoli, meglio anzi accertarsi che sulla borsa ci siano gli spallacci come gli zaini. Anche se dentro ci si butta di tutto, è meglio farsi una lista.

Un pratico borsone da viaggio (www.thenorthface.com)

 

Ecco perché tra il materiale sempre utile deve esserci un taccuino, magari assieme al libro del momento, regalo intramontabile. Ci sono taccuini famosi, ma a me piace la versione italianissima che si chiama Moskardin.

I quaderni e le agende Moskardin (www.moskardin.it:)

 

 

 

 

 

L’unica cosa che non posso davvero dimenticare sono gli occhiali, per me da vista, ma a qualcuno piacerebbe riceverne da sole. Mi piacciono molto quelli in legno, non sono economicissimi ma durano una vita e sono decisamente ecosostenibili con tutto il fascino del materiale naturale.

Occhiali in legno italian (www.dolpi.it:home:)
Tra gli oggetti indispensabili annovero anche il coltellino multilama. Al liceo avevo il classico Victorinox da tasca e ci facevo un sacco di cose. Ero la copia povera del McGyver dei telefilm. Ora sono rimasto fedele alla marca ma son passato all’utensile. Con le pinze è comodo per ogni evenienza, perfino nella giungla cittadina. Diffidate dalle imitazioni cinesi perché durano quanto valgono, cioè poco.

L'officina da tasca di qualità svizzera (www.victorinox.com)

 

Uscendo dal capitolo “borsa”, chi viaggia spesso ha spesso da pensare anche all’amico quadruprede. In casa ne ho due e trovo geniale l’idea di un italiano che ha inventato un dispenser di croccantini e acqua per controllare sempre il soggetto peloso.

Il dispenser Romeow (www.romeow.net:)

Per il benessere ci sono regali che si identificano con un piccolo buono e grande soddisfazione. Potreste regalare ad esempio un ingresso alle terme o a un centro relax della vostra città. I Romani ne erano dei cultori, non per moda ma per beneficio. Ora quasi in ogni centro ne esistono e alcuni sono vere esperienze. A Milano ne esiste uno ricavato in un vecchio tram.

Il tram di Terme Milano (www.termemilano.com:)

 

 

 

 

 

Rimanendo su rotaia, avete mai pensato a regalare un biglietto ferroviario? Ci sono le offerte per raggiungere i capoluoghi italiani, magari estranei ai flussi turistici, ma se volete fare il botto di sorpresa regalate un biglietto per un treno straordinario. L’Orient Express è un po’ costoso, ma potete puntare sul Trenino Rosso, che passa tra i ghiacciai ed è patrimonio Unesco. Se decideste di dormire in zona, fermatevi a Poschiavo, bel borgo medievale e comodissimo per stare vicino ai binari.

Il Trenino Rosso del Bernina (www.rhb.ch:it:treni-panoramici:bernina-express)

Un altro pensiero è quello della mobilità. Ho regalato degli abbonamenti al servizio BikeMi e sono stati molto graditi. Andando un passo oltre, con una cifra intorno alle 1000 euro, potreste pensare a donare una bici a pedalata assistita. Si stanno diffondendo sempre più, pur con il difetto del peso, sono molto più economiche di uno scooter, non hanno quasi spese di gestione e permetto spostamenti urbani velocissimi.

Una bici elettrica è perfetta per la mobilità urbana veloce (www.lombardobikes.com:e-bikes)

Buttando un occhio verso il fuori porta, potreste immaginare di offrire un weekend fuori città, magari in un maso con i profumi del legno e i prodotti della tradizione.
In tema di beni di consumo, funziona sempre e non solo per la crisi, la saggia idea di una bella borsa riciclabile piena di golosità preparate nel rispetto dell’ambiente e dei produttori.

Il resto lo lascio alla fantasia: ingressi a teatro, a mostre o a musei, donazioni a enti di beneficenza, acquisti del commercio equo e solidale, sono sempre buone idee che fanno del bene. E se proprio doveste ricevere cose incompatibili coi vostri gusti, ricordate che prima della pattumiera ci sono molte altre tappe e a qualcuno potrebbero servire quel che a voi inorridisce. Un Natale sostenibile passa (anche) da qui.

Una camminata da 2 milioni di anni

Siamo in cammino da due milioni di anni. Se non vi sentite troppo stanchi, metabolizzate anche l’informazione che siamo tutti africani. Sì, più o meno 90.000 generazioni fa, i primi gruppi di ominidi lasciavano le zone fertili dell’Africa per incamminarsi verso il supercontinente eurasiatico.

Trascorse ancora molto tempo perché altri gruppi, più evoluti, seguissero lo stesso cammino per raggiungere, in capo a qualche altro migliaio d’anni, l’Europa. Le testimonianze dei primi disegni nelle grotte (30/25.000 anni fa) e della scrittura (4.500) sono praticamente storia recentissima.
Per il resto del racconto vi invito a visitare Homo Sapiens, la mostra sul lungo cammino dell’uomo nel Broletto di Novara. Il percorso non é dei meglio allestiti ma la suggestione c’é tutta, supportata da modelli, reperti e video della National Geograpghic.
Ci sono delle curiositá poco note come il modello dell’uomo di Flores. Il nome deriva dall’isola dell’Indonesia dove sono stati trovati i resti di questo ceppo di Homo che non superava il metro di altezza e sarebbe sopravvissuto fino a tempi relativamente recenti.
Se vi sentite pronti per una passeggiata di due milioni di anni, buona camminata.

Weekend dove ci sono i dinosauri

Bestioni squamati dalle fauci minacciose avvistati nel Parco di Monza.

Rimarrá installata fino a settembre la mostra sui dinosauri nel grande polmone verde alle porte di Milano. L’originale allestimento è diviso in due sezioni tra Villa Mirabello e il prato a fianco all’adiacente cascina. La qualitá delle riproduzioni é elevatissima, al punto da impressionare quando l’effetto delle brume serali accentuano la suggestione di una foresta giurassica in quel della Brianza.

Notevole anche il livello delle didascalie, il cui rigore scientifico é affidato a paleontologi italiani di fama internazionale, garantito dall’autoritá di Jack Horner, statunitense esperto in materia e titolare delle più importati campagne di scavo degli ultimi tempi. Nel video, il paleontologo ci dimostra che quando ordiniamo un pollo arrosto siamo molto più vicini di quanto immaginiamo a un dinosauro.

Proprio per questo motivo, la visita é consigliata a tutti. In fondo, da Spielberg in poi, chi non ha mai immaginato dal vero questi famelici lucertoloni per cui noi saremmo solo una saporita tartina?

Reinhold Messner: il ghiaccio nel museo


Nel trailer del nuovo documentario su di lui, Reinhold Messner rivela facce inaspettate dal pubblico che lo crede solo un alpinista. Un suo ritratto esposto nel castello di Brunico mostra la chioma fluente che ti immagini fatta apposta per essere mossa dal vento dell’Himalaya, con le ciglia così folte da farlo sembrare un’immagine solo appena più civile di uno Yeti. Poi lo vedi dal vero (Messner, non lo yeti) e capisci che quella caricatura è distante dalla realtà. 


Lui, leggenda dell’alpinismo, è anche collezionista, contadino ed ecologista. A Solda, ai piedi dell’Ortles, un edificio invisibile dall’esterno ospita una collezione di dipinti e cimeli dove l’acqua allo stato solido è protagonista. «Volevo parlare del ghiaccio dove c’è il ghiacciaio, non potevo portare la gente in vetta, così ho fatto un museo dove il ghiaccio si vede, nei quadri e dall’unica apertura sul tetto».


Il ghiaccio ritorna protagonista a Castel Firmiano, alle porte di Bolzano, nel suo museo più vasto. La mostra appena aperta nell’area delle esposizioni temporanee racconta per immagini quello che sta succedendo ai ghiacciai. Kaukasus Karakorum – Sulle tracce dei ghiacciai è una collezione di immagini in parallelo tra suggestivi scatti panoramici, d’epoca e contemporanei. Il fotografo Fabiano Ventura ha ricercato lo stesso punto di scatto a distanza un secolo. «Non sono state poche le difficoltà di individuare lo stesso punto di scatto di un secolo fa. In certe aree, il ghiaccio è scomparso del tutto e la vegetazione impedisce di piazzare la macchina fotografica», afferma il giovane fotografo. «Mi sono subito appassionato di queste foto – dice Messner – perché non fanno commenti o analisi scientifiche sui ghiacciai ma presentano i fatti come li capirebbe un bambino». La maggior parte delle immagini mostra il drammatico ritiro della massa glaciale: dove nello scatto storico in bianco e nero c’era il ghiaccio, in quello a colori si notano ghiaioni e alberi. 
«Solo in alcuni casi, preservati da condizioni geoclimatiche particolari, si assiste alla conservazione o in certi casi addirittura all’aumento di ghiaccio», commenta il professor Claudio Smiraglia riferendosi alle immagini della mostra. «Nelle diverse epoche c’è stato un andamento alternato tra contrazione ed espansione dei ghiacci – continua il glaciologo dell’Università di Milano tracciando un quadro sulla tendenza attuale – Non è vero che la Val Padana, parlando di un caso italiano, soffrirebbe la scomparsa dei ghiacciai alpini, che contribuiscono solo per il 10% al volume d’acqua del Po. È vero però che ecosistemi alpini  d’alta quota ne risentirebbero in modo drammatico». 
«Un maso non può vivere senza acqua – aggiunge Messner – a Castel Juval (il museo a fianco al quale ha realizzato un’azienda agricola modello e un ristorante a chilometro zero, ndr) un acquedotto rifornisce l’acqua da 400 anni».



Il messaggio che l’alpinista lancia è soprattutto una presa di coscienza.
«Noi sulle alpi non portavamo neanche la borraccia e sugli 8000 solo il fornello per sciogliere la neve, perché se vai in montagna sai che l’acqua è tutto. L’uomo deve rispettare l’acqua perché da lì viene la vita. Non deve costruire dove si forma e non deve contaminare dove scorre». Con pragmatismo da contadino, Messner traccia una linea di confine precisa e invalicabile, stante la quale oltre i duemila metri non bisognerebbe stabilire alcuna attività.


«Microimpianti idroelettrici o lo sfruttamento della capacità di rilascio delle dighe sono uno spunto rinnovabile per la sostenibilità – dice Andrea Falessi di Enel Green Power, sponsor della mostra – ma ottime occasioni per produrre energia possono trovarsi anche con geotermico e biomasse che sfruttano elementi naturali presenti in abbondanza in ambienti sensibili come quelli alpini».  


«Alla base di tutto deve esserci il rispetto per la cultura contadina – precisa Messner – I problemi che abbiamo con le Alpi sono parecchi. Molti dalla città vorrebbero usarle solo per passare il weekend. Altri sognano le Alpi di Heidi. Io mi batto per la realtà. Abbiamo una responsabilità, il diritto di tutelare e anche sfruttare le Alpi dove l’uomo ha sempre lavorato. Se il turismo ci porta i mezzi per sopravvivere è giusto approfittarne. L’allacciamento tra turismo e agricoltura è la base per il turismo, però oltre una certa quota, dove c’è il ghiacciaio, l’uomo non deve fare infrastrutture».

Messner è oggi un fine collezionista e gli allestimenti dei musei rivelano un buon gusto mediato tra minimalismo ed esaltazione per la materia, ferro grezzo per le strutture, pietra sulle mura e i quadri che si stagliano come chiazze di colore. Mentre passeggiamo di fronte alle tele ci fermiamo. Mi invita a guardare un paesaggio alpino sul confine tra il pascolo smeraldo, la roccia rugginosa e il ghiaccio perlato. Osservo quella mano che ha impugnato una piccozza su tutte le vette più alte dei continenti, accarezzare i colori con una delicatezza inaspettata. Emerge una tenerezza che spinge lo yeti lontanissimo. p forse è solo lo yeti feroce che fugge per lasciare qui un simbolo di pace della Natura. «Sparisce il ghiaccio, si sgretolano le montagne. Quando ero piccolo cadevano solo piccoli pezzi, oggi crollano rocce grandi come grattacieli. Le Dolomiti erano definite da Le Corbusier le costruzioni più belle del mondo, nate nel mare come coralli. In 50 milioni di anni sono cambiate un po’ le forme, però questo verde sotto, i cirmoli, le malghe, e poi la verticalità delle rocce sono una combinazione unica».
L’uomo che da del tu agli 8000 e ai Seven Summits ci parla dell’acqua e delle sue montagne con l’arte e con semplicità francescana. È un segnale forte, non solo per chi conosce le alte quote, sapremo coglierlo?
La mostra nell’area temporanea del Messner Mountain Museum di Firmian  è stata resa possibile grazie al supporto di aziende a vocazione verde:
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