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Il dalai lama e la nostra casa comune

Tra i grandi voti che pronunciano i monaci buddisti si recita “per quanto numerosi siano gli esseri, faccio voto di farli pervenire tutti alla liberazione”. Non solo il genere umano, dunque, ma tutti gli esseri viventi, compresi quelli del regno vegetale, sono degni di rispetto.

Che il nostro pianeta non sia una entità morta lo trasmettono anche i nativi americani per i quali Madre Terra è viva e tutti dipendiamo da lei per l’aria che respiriamo, l’acqua che beviamo, il cibo con cui ci nutriamo. Tra le grandi filosofie e le religioni più diffuse ad esse collegate, il buddismo è probabilmente quella più vicina all’idea di Gaia, opposta a quella di certe impostazioni del pensiero occidentale che inquadrano l’uomo “misura di tutte le cose”, come sosteneva Protagora, e gli animali come macchine, con le parole di Cartesio ad affermare che “grazie alla scienza, l’uomo sarà d’ora innanzi il padrone e il possessore dell’universo”. 

Nel libro Amiamo il pianeta. Un appello per salvare la nostra unica casa, il Dalai Lama Gyatso Tensin sintetizza le ragioni perché non possiamo fare a meno di allontanarci da certi pensieri antropocentrici.

«Abbiamo bisogno di una rivoluzione della compassione – dichiara Sua Santità – che dipende dal calore, dalla comprensione della coesione dell’umanità, dalla preoccupazione per il benessere degli altri e dal rispetto per i loro diritti. L’intera famiglia umana deve riunirsi in una comunità sostenibile, globale ed ecologica, che collabora e si prende cura della nostra casa».

Il pensiero buddista, avallato un comitato scientifico internazionale, è presentato in versione video da Feedback Loops, una miniserie di documentari visibili a tutti. All’evento di presentazione, il Dalai Lama era affiancato da Greta Thunberg, mentre i testi originali sono letti da Richard Gere, che da anni ha abbracciato la fede buddista.

Proprio Sua Santità il Dalai Lama, domani 7 aprile all’alba, terrà un insegnamento sulle Quattro Nobili Verità (denpai shi), seguito da una sessione di domande e risposte. I contenuti saranno disponibili nei prossimi giorni sui social dell’Unione Buddista Italiana

Per il buddismo sono le fasi nella comprensione di ogni verità che ci permettono di capire quale deve essere la nostra posizione, fisica e mentale, su questa Terra che ci ospita. Ancora una volta, fede e scienza non sono poi così distanti nell’affermare che la logica del profitto a tutti i costi non è quella che deve guidarci. È forse la ragione per cui nasciamo persone, non amministratori delegati.

Audi, tiene la strada ma scivola sulla pubblicità

Italia Land of Quattro, ma anche Russia e tutti gli altri paesi coinvolti nella nuova campagna Audi che imperversa sul web e sulla carta stampata con immagini di ottima qualità, musica all’altezza dei paesaggi, una voce suadente anche se su un testo completamente scollegato dove mare e montagna, città e paesi si invertono nella corrispondenza voce-video.
Ma la scivolata non è questa: nel bel layout destinato alla carta stampata (quotidiani e magazine) ammiriamo il veicolo impegnato in una strada che però suscita un po’ di fastidio. Se le immagini dello spot video intervallano spezzoni di strade alpine e del garda bresciano invogliando alla guida, il paginone della carta stampata ha come sfondo il Sasso Lungo e il Sasso Piatto dall’angolazione dell’Alpe di Siusi.

Dov’è la scivolata? L’altopiano a pascolo più esteso d’europa è un paradiso per escursionisti, biker, sciatori o semplicemente per chi vuole svaccarsi su un prato a godersi il silenzio delle montagne più belle del mondo. Soprattutto, l’Alpe di Siusi è RIGOROSAMENTE bandita al traffico veicolare privato, potendo accedervi solo in bus o funivia. Possibile che nessun creativo della campagna sia stato sfiorato dal dubbio che non è bello, nel 2013, neanche in fotomontaggio, mostrare il pilota di turno che sgomma in un’area protetta?

Arriva Calcolino, la punizione extraterrestre che fa impallidire i Maya

C’è un fondo di verità nella comicità e c’è un fondo di comicità nella verità (la frase credo sia di Charlie Chaplin) perfino se si parla di ecologia (l’aggiunta è mia, non so se Charlot fosse ecologista).


Oggi aggiungiamo a queste sfumature di umanità comici che urlano di politica e politici che urlano di comicità, lasciando che verità e vis comica si mischino senza distinzione nel minipimer dell’informazione. Facciamola breve: qualcuno nel modo sbagliato dice cose giuste, altri nel modo giusto concatenano una serie curiosa di cose sbagliate, o solo giuste ad personam. Dico, a rischio di polemica, che lo fa nel modo “giusto” perché se qualcuno continua a prendere voti o consensi un motivo ci sarà e prima o poi qualcuno dovrebbe prendere atto di questo. Ma non è questo il punto. E’ che spesso con la comicità si riesce a sensibilizzare la gente. E’ capitato qualche giorno fa.
Un comico (Benni, Stefano) dice una serie di verità sacrosante e in modo gradevole. Ora: immaginate un ometto di mezza età (sorprendentemente simile a chi firma queste parole) in sala di attesa a Milano Centrale, mentre legge questo articolo di Repubblica.
L’ometto sta piangendo dal ridere con la gente che si avvicina a chiedere “tutto a posto?”. La risposta giusta è “a posto un cavolo”. Qui si ride mentre Benni, autore dell’articolo che l’ometto sta leggendo, è elegantissimo nel ricordarci che visti da occhi extraterrestri siamo condannabili per:
>”inquinamento e surriscaldamento atmosferico e oceanico  per scioglimento ghiacciai”,
>”esaurimento riserve idriche, risorse petrolifere e deforestazione selvaggia”,
>”mancanza di politica alimentare e aumento della popolazione non sfamabile”, 
>”estinzione di centomila specie animali e vegetali”,
>una serie di altre cosucce che brillano meno di quanto sopra ma feriscono allo stesso modo tipo: c’è ancora gente che circola in pelliccia di animali selvatici scuoiati vivi (è tutto su youtube, un esempio agghiacciante qui) o la distribuzione di ricchezza nel mondo ha un concetto di distribuzione che in termini ittici troverebbe un paragone nel mettere l’equivalente del pil cinese in tonni a beneficio di pochi nel laghetto Darengo (delizioso specchio d’acqua in alta Lombardia) lasciando due acciughine  in tutto il Pacifico a disposizione del resto della popolazione del pianeta.
Gli stessi occhi di ET, collegati a una mente sana, direbbero che dalla Conferenza di Rio (anno 1992,  qui trovate un po’ di storia, non scritta da Benni ma comica quasi uguale per impegni non mantenuti) a Doha, nei summit sul clima abbiamo macinato aria fritta senza produrre risultati come se, giocatoci tutto, avessimo pronto il pianeta di scorta su cui saltare e twittare briosamente “ok, ricominciamo, era tutto uno scherzo”.
Eccoci al dunque dell’augurio del 2013: superati i Maya, se Calcolino (il fantomatico asteroide lanciatoci dagli extraterrestri di Benni per inadempienza) non dovesse arrivare, speriamo almeno che si inizi da noi a fare un po’ di piazza pulita, magari anche solo spargendo la voce che un po’ di rigore non ci farebbe poi tanto male.
La Terra ringrazierebbe.