Circola in rete la notizia che è appena stato dichiarato estinto il rinoceronte nero occidentale. Purtroppo è vero a metà, cioè è estinto ma la dichiarazione ufficiale risale al 2011. Non ne faccio una questione di data. La parte negativa del messaggio è che ci siamo giocati definitivamente il rinoceronte nero. Potremmo pensare: «ma con tutti i problemi che abbiamo, qualcuno sta a parlarmi di un animale dell’Africa che probabilmente non avrei mai incontrato?». Sì.
Se non siamo riusciti, nonostante tutti i segnali di allarme, nel relativamente facile e circoscritto compito di salvare un animale dalla sua estinzione, significa che non solo ci è mancata la capacità, ma anche la volontà di salvare un tassello di natura. Non solo.
Perché sarebbe stato utile avere successo nel salvataggio? Perché c’è comunque stato un certo impegno della comunità internazionale, perché sarebbe stato un segnale nei confronti dei bracconieri, perché sarebbe stato portato alla ribalta l’ostacolo teso alle organizzazioni malavitose internazionali che curano il traffico dei corni di rinoceronte di cui si era già parlato qui.
Mi attacco al magro bottino di uno stimolo: rimangono ancora gruppi di rinoceronte bianco e rinoceronte asiatico al mondo. Google ha investito cinque milioni di dollari in tecnologie di sorveglianza antibracconaggio messe a disposizione di WWF ed enti di ricerca. Che sia un segnale che quella persa con il rinoceronte nero sia solo una battaglia e non la guerra? Speriamo, il dato di fatto è che, almeno ad oggi, il rinoceronte nero è andato. C’è un “almeno” in più, cioè finché non se ne avvisterà uno, cosa che non avviene dal 2006.