Sul sentiero della vita il camminare che non stanca ma fortifica è un esercizio per lo spirito.
Siamo come ulivi nodosi che nelle cavità ospitano le parole delle altre vite incrociate.
Bella la citazione di Alessandro Cannavò, grande camminatore, grande Amico, uno di quelli che ti auguri di incontrare su un sentiero e ancora di più ti auguri che ti dica “camminiamo insieme”. Il pezzo è tratto dal Corriere della Sera.
Esattamente dieci anni fa decisi di affrontare il cammino di Santiago. Da solo, per vivere meglio un’esperienza privata che era molto di più di una vacanza. Ma anche aperto a ogni conoscenza. Edu, catalano, lo incontrai nella camerata dei pellegrini di Roncisvalle.
Furono le nostre mappe sulle quali studiavamo il percorso a sciogliere il ghiaccio. Lui aveva una generazione meno di me. Decidemmo, senza dircelo, di proseguire insieme. E fu così fino alla cattedrale di Santiago, condividendo fatiche, divertimento, malinconie. Attenti a essere presenze discrete nelle lunghe giornate fatte anche di silenzi; pronti a diventare un sostegno concreto per l’altro nei momenti di difficoltà. Non l’ho più visto, Edu. E anche se talvolta l’ho sbirciato su Facebook, so che non ha più senso contattarlo.
Si rimane amici non degli amici ma dei fantasmi dei propri amici
È una delle situazioni più comuni per i viandanti che Luigi Nacci coglie in modo mirabile in Alzati e cammina, lettura tutt’altro che consolatoria sulla viandanza ma che ne diventa un atto d’amore. Nacci spiega che si rimane amici non degli amici ma dei fantasmi dei propri amici, perché gli incontri sul cammino sono scelte libere e senza fini, «nessun progetto vi legherà, nessuna gerarchia, nessun passato e nessun futuro». Basta a volte la sosta in un ostello diverso e non ci si incontra più. Un cammino che nasce dall’addio. Eppure, continua l’autore, «avete messo in comune i vostri passi» e quel fantasma con cui si è camminato sarà una presenza leggera che possiamo portare nello zaino dell’esistenza, fino a quando, almeno, prendendo una metafora del poeta Slavko Mihalic, avremo la capacità di trasformare le pipe in cigni. Triestino, Nacci è poeta, insegnante, guida naturalistica e fondatore, tra l’altro, di un gruppo di camminatori, i Rolling Claps, che riscoprono antiche vie di pellegrinaggio.
Un esercizio fisico
Ha concepito il libro come un prontuario di ginnastica dell’anima (i titoli dei capitoli scandiscono ironicamente l’allenamento, tra esercizi, stretching e riposi), ma si rivolge direttamente al lettore in modo incalzante, spesso ipnotizzante, immedesimandosi in un lui/lei che nella narrazione si intrecciano e si confondono. Molti di coloro che vorrebbero intraprendere la via di Santiago (e ora sempre di più anche l’italiana via Francigena), coscienti della sfida di un mese e oltre di cammino con dieci chili sulle spalle, le vesciche ai piedi, la condivisione delle stanze e delle docce, vivono un’urgenza privata e cercano una via d’uscita dal limbo, teatro di un malessere non sempre definito. È a loro che Nacci si rivolge principalmente, prima che lo specchio in cui ci si continua a guardare non sapendo cosa fare, «vada in frantumi». In aiuto del lettore ci sono i versi sublimi di cantori della via, da Wordsworth a Eliot, da Hikmet a Atxaga; esempi come quello del regista Werner Herzog che nel 1974 camminò da Monaco di Baviera a Parigi per andare al capezzale della sua anziana amica Lotte Eisner, confidando (a ragione) che con il suo gesto l’avrebbe trovata ancora viva.
Contiene la leggerezza della parola «danza»
O le frequenti identificazioni nella natura: «Siamo come ulivi nodosi che nelle cavità ospitano le parole delle altre vite incrociate»; «procediamo sulla via delle nostre esistenze pesanti come elefanti, con il nostro carico di problemi e paure». Eppure gli elefanti avanzano a passi felpati come ballerine. La via da percorrere è sempre nei pressi del baratro ma la parola «viandanza», dice Nacci, nella sua fonetica desueta contiene la leggerezza della parola danza. Chi è entrato nello spirito del viandante condivide queste immagini. A patto, avverte Nacci, che una volta tornati a casa l’insegnamento del cammino dia vigore al quotidiano e non sostituisca «la vita di qua». La speranza è in un verso di Walt Whitman: «D’ora in poi non chiedo buona fortuna, sono io la buona fortuna… forte e contento percorro la strada aperta». Il libro: Luigi Nacci, «Alzati e cammina», Ediciclo editore, pagine 192, e 15
Le Cinque Terre le abbiamo già sentite nominare. La Via dell’Amore, il tracciato costiero, le spiaggette incastonate tra le scogliere, il profumo di focaccia nei carrugi, un bicchiere di Sciacchetrà fresco di fronte al tramonto.
Reset, ma non troppo. Un gruppo di ragazzi le propone viste dal cielo, come opportunità per il trekking e l’allenamento. Serve un certa resistenza e un po’ di insofferenza alle vertigini, ma così è come se fossero viste dall’angolazione dei gabbiani. Il corto che hanno girato rende loro onore e, aggiungo, rende a noi un’ottima idea per abituarsi ai dislivelli 12 mesi l’anno. Troppa fatica? Pensate che sarete sempre arieggiati dalle brezze, potete anche non farle di corsa, non c’è nessun supplemento per fermarsi a godere il panorama che, nelle giornate terse, spazia fino alla Corsica stendendo ai vostri piedi il santuario dei Cetacei che arricchisce il mar Ligure di un valore aggiunto inestimabile.
Ricorre quest’anno una data storica per chi ama la montagna e l’escursionismo, per chi è sensibile al fascino della scoperta, passo dopo passo, segnavia dopo segnavia, alla ricerca della propria meta.
I 150 anni del CAI (Club Alpino Italiano) sono un’occasione unica, anche per i “non addetti ai lavori” e non facenti parte di alcuna associazione naturalistica o escursionistica, per avvicinarsi a questa dimensione ancora ricca del significato di esplorare.
Cosa c’è infatti di più avventuroso dell’orientarsi fra vette e sentieri di alta quota? Quale emozione più grande dell’aprire una cartina lungo il cammino per cercare di capire dove siamo e dove stiamo andando?
E’ una sensazione davvero unica, quella di camminare e salire verso l’alto, percorrendo strade poco battute, che nessuno ricorda più. E quest’ultima è anche una fra le funzioni più importanti di questa storica Associazione, ovvero quella di tracciare, segnalare e mantenere in vita percorsi storici, dall’alto valore culturale e umano, oltre che naturalistico. Ne è un esempio perfetto il bellissimo sentiero CAI che porta al borgo abbandonato di AVI, vicino al confine tra Piemonte e Liguria, lungo le strade percorse dai partigiani durante la Resistenza.
Allora come avvicinarsi per la prima volta al CAI e iniziare, per così dire, a “camminare con le proprie gambe”?
Partecipando per esempio ai molti eventi organizzati dal Cai per questa ricorrenza: presentazioni, proiezioni, escursioni ad Hoc. E’ sufficiente consultare la bacheca o il sito web del Club più vicino a voi.
Potrebbe essere interessante anche leggere l’ultimo libro pubblicato proprio per i 150 anni ( “150 anni di cammino del Club Alpino Italiano 1863-2013 – a cura di Ugo Scortegagna).
Buona lettura e buon cammino
(Articolo di Debora Bergaglio, foto Vittorio Puggioni)
Il Monte Pisano é quel gruppo collinare alle spalle della città della torre pendente. Il rilievo é ben visibile dalla spiaggia tra Massa e Livorno, percorso da strade panoramiche e da sentieri mappati dal CAI di Pisa. Consiglio una escursione su tutte per il valore paesaggistico e panoramico. Guidato da Ivan, abbiamo raggiunto nel tardo pomeriggio Montemagno e iniziato a camminare prima tra gli ulivi e poi nella fitta macchia mediterranea fino ai ruderi sulla vetta della Verruca. Il castello ha origini antichissime, con l’accesso scavato tra i massi del bosco. I suoi sotterranei non sono sono del tutto esplorati e una leggenda narra perfino di un tesoro che il comandante pisano in fuga dagli assedianti fiorentini avrebbe abbandonato negli anfratti senza mai tornare a riprenderselo. Come per me e Ivan, consiglio la salita nel tardo pomeriggio, quando arrivati alla vetta si può godere del tramonto che allunga le sue ombre dalla piana verso il castello svelando all’orizzonte Gorgona, Capraia, l’Elba e la Corsica. La costa corre dalla punta del Mesco fino alla collina Livornese. A Montemagno vale assolutamente la sosta alla Certosa di Pisa e alla trattoria in piazzetta. Chi fosse da queste parti in spiaggia e si annoiasse, é avvisato. C’è un tesoro che aspetta, in tutti i sensi.
E’ risaputo che il potere di una cascata ha una forza ripulente che agisce sull’anima prima ancora che sull’aria che le circonda. Ecco allora una bella collezione di cascate per che per effetto della loro natura e del fotografo sono una ventata di aria fresca nella nostra estate.
Anche in Italia ne esistono di notevoli, basta ricordare quelle del Serio in Lombardia o delle Marmore in Umbria. Nascono in gole a valle di impianti idroelettrici ma trasmettono tutta la loro energia comunque, in tutti i sensi visto che alimentano fonti rinnovabili.
Se vi accontentate di salti più bassi, per trovarli basta avventurarsi lungo i ruscelli di montagna e aspettare che si buttino verso il basso. Qui ci si può davvero sbizzarrirecon una mappa delle Alpi. Nel genere della spettacolarità consiglio la zona del Rutor in Valle d’Aosta. Tre splendidi salti d’acqua vi incanteranno rinfrescandovi fino al midollo lungo un sentiero tra i più caratteristici dell’arco montuoso.