Non lo sapete, forse, ma è molto probabile che abbiate in tasca un pezzo di Congo. Il vostro smartphone, infatti, potrebbe contenere una piccola quantità di coltan, ingrediente indispensabile per ottimizzare il consumo di energia nei chip di nuova generazione. È dalla Repubblica Democratica del Congo che arriva il più puro, conteso per la fabbricazione di cellulari e computer.
E questo è il punto dolente del Congo, essere ricchissimo. “Siamo uno dei Paesi più ricchi del pianeta, eppure i miei compatrioti sono tra i più poveri al mondo – dichiara il medico congolese Premio Nobel per la Pace Denis Mukwege. L’inquietante realtà è che proprio l’abbondanza delle nostre risorse naturali, oro, coltan, cobalto e altri minerali strategici, è causa primaria di guerre, violenza estrema e povertà assoluta”.
L’attenzione che richiama tanti interessi economici ha creato nel Paese uno scenario di violenza estrema in cui è difficile (leggasi “non conveniente”) intervenire. A oggi, sarebbero circa 6 milioni i morti per cause dirette e indirette del conflitto e 4 milioni i profughi. “Quando guidate la vostra auto elettrica o quando usate il vostro smartphone – continua il dottor Mukwege – prendetevi un minuto per riflettere sul costo umano che c’è dietro la produzione di questi oggetti. Come consumatori, cerchiamo quanto meno di pretendere che siano realizzati nel rispetto della dignità umana. Girare la testa significa essere complici”.
C’è un documentario che spiega cosa sia il Congo, un supermercato di risorse preziose grande come Italia, Francia e Germania messe insieme. Cold Case Hammarskjölddi Mads Brügger narra la storia del misterioso incidente aereo in cui perse la vita il Segretario Generale delle Nazioni Unite Dag Hammarskjöld, definito uno dei Peace Maker del XX Secolo.
Il 18 settembre 1961, l’aereo su cui viaggiava precipitò mentre questi si apprestava a incontrare Moïse Tshombe, leader della provincia ribelle del Katanga, che aveva appena dichiarato l’indipendenza dal Congo. Il Segretario ONU sperava di convincerlo a ricongiungersi al Congo indipendente. I ribelli erano però sostenuti dalla potente società belga Union Minière e la pace non era compatibile con i profitti dell’azienda.
È in questa polveriera, che il mondo della buona diplomazia ha appena perso un altro suo paladino. Tra le molte ombre che circondano l’omicidio di Luca Attanasio, del carabiniere Vittorio Iacovacci e del loro autista Mustapha Milambo, c’è un mondo difficile da immaginare mentre decidiamo di comprare l’ultimo modello di telefonino o un’auto elettrica che entusiasma per le sue “emissioni zero”.
Ho avuto modo di conoscere i genitori e alcuni amici di Luca a una commemorazione privata. Sono molto grato per l’opportunità concessami. Ho ascoltato attentamente le testimonianze di chi ha ricordato. Non ho mai incontrato il nostro ambasciatore ma lo sentivo vicino per il suo luogo di origine prossimo a casa mia e per il corso di studi che ci accomunava.
Dopo la piccola cerimonia, mi sembra di conoscerlo di persona, Luca Attanasio. Anche per i sorrisi che, mi hanno raccontato, riusciva a suscitare perfino in situazioni poco convenzionali per un diplomatico. È così che mi sono spiegato come mai le foto che lo ritraggono sono tutte rassicuranti. Luca era molto preparato, conosceva la storia e sono convinto che fosse perfettamente a conoscenza dei rischi che correva inoltrandosi sulla strada che gli fu fatale. Eppure non si è tirato indietro.
Recentemente gli è stato dedicato un albero nel Giardino dei Giusti a Milano. Credo che il gesto sia un doveroso riconoscimento a chi riesce a sorridere anche quando le cose non vanno come dovrebbero andare.
Vi invito alla lettura di Che cosa c’è da ridere di Federico Baccomo. Per Erich, un comico ebreo berlinese, nel 1933 le cose erano molto difficili. La storia e la sua biografia si intrecciavano negando la salvezza nonostante il personaggio suscitasse ilarità e riuscisse a portare buon umore perfino davanti ai carnefici responsabili del massacro della sua gente.
Il libro ci riporta alla Shoah, raccontando le tante vite che si sono perdute nell’orrore o che hanno cercato di restare accese di fronte alla furia dell’odio. Ma saremmo degli stolti se non facessimo tesoro della Memoria, che continua a essere illuminata da esempi che ancora oggi vivono e si sacrificano.
Per Erich lo troviamo in un libro, per Luca in una vita.
È per questo che penso a come entrambi siano la punta di un iceberg di cui noi siamo tutto il resto. Il sorriso di Luca in Africa (e prima in Asia) è un modo per sognare, una sorta di passaporto che ci ha consegnato per proseguire verso un altrove e pensare che un mondo migliore esiste se seguiamo il suo esempio. Voglio scriverlo per mamma Alida e papà Salvatore, per la sua Zakia e per le loro tre bimbe. Non esiste un’arma capace di cancellare un esempio come quello dell’Ambasciatore Attanasio, del segretario Hammarskjöld e di tutti quelli che guardano avanti verso a meta che, siamo sicuri, è quella dei Giusti.